L’emozione si taglia con il coltello. Sta per arrivare Leiji Matsumoto, il grande maestro dell’animazione giapponese a cui si devono serie tv epocali come Capitan Harlock e Galaxy Express 999. Giacca blu di velluto, sulla spalla si notano delle ruvidità (servono per non far scivolare la borsa dalla spalla), immancabile felpa rossa con inserti neri e un orologio omega che ricorda lo spazio. Matsumoto è vestito come uno dei suoi personaggi e ne è molto orgoglioso. Appassionato di design oltre che di fumetto e animazione, il maestro ha ideato personalmente ogni capo di abbigliamento che indossa. La sua presenza incute molto rispetto e ammirazione e da grande Sensei osserva tutti con molta attenzione, studia chi ha davanti e registra le emozioni di quest’incontro probabilmente per usarle nei suoi prossimi lavori.
A Lucca sta per ricevere un importante riconoscimento ed è considerato da tutto il mondo un grande maestro dell’animazione. Qual è l’eredità che lascerà alle nuove generazioni?
«So di essere considerato così, ma quando mi metto all’opera non ci penso. Perché sono opere personali e se ci pensassi troppo potrei rimanerne influenzato».
L’animazione è cambiata molto ultimamente. dalla matita si è passato alla computer grafica. Eppure alcuni giovani autori mantengono intatta la sua stessa visione del mondo. Chi considera oggi il suo erede?
«Probabilmente nessuno. Ognuno ha una propria personale visione, dettata dalle proprie esperienze e ha un suo messaggio da trasmettere. Non credo che esista un mio erede in senso stretto. L’esperienza personale è molto importante perché cambia il modo di vedere le cose. Oggi sono qui a Lucca e guardo per la prima volta dei paesaggi che prima avevo osservato soltanto in foto o nei film. Ma essere presenti di persona è molto diverso. Ho viaggiato molto e ogni volta che vedevo nuovi paesaggi era diverso. Perché quello che forma è l’esperienza personale e questo messaggio lo metto in tutte le mie opere. Quello che è cambiato appunto è il modo di fare animazione. Prima si faceva a mano e si metteva il proprio cuore e la propria anima nel disegno. Adesso il lavoro è più pensare a fare la storia per il prossimo episodio. È in tutto questo probabilmente c’è meno sentimento».
Nel manga di Harlock si veicolano messaggi importanti come l’amicizia e la libertà. Sono valori fondanti ancora oggi?
«Sì, sempre. Bisogna sempre prendersi cura degli altri. Questi valori non cambiano mai».
È stato testimone di una fase storica crucicale del Giappone e questo traspare dalle sue opere. Perché era così importante e perché oggi non c’è nei nuovi autori?
«Ho vissuto sulla mia pelle momenti storici molto difficili. Ho visto morire persone che conoscevo e questo vale anche per la mia famiglia. È proprio da qusta esperienza che è emerso il messaggio di avere cura degli altri, di stare uniti e di proteggere il nostro pianeta».
Per le nuove generazioni non è lo stesso…
«Perché loro non hanno visto con i propri occhi. È l’esperienza che rende forti e consapevoli. I giovani non capiscono l’importanza di queste cose perché non le hanno vissute. Ho visto morire persone della mia età da giovane per questo alcuni valori sono per me così importanti».
Ha costruito un grandissimo universo espanso in cui i personaggi tornano continuamente, alcuni anche molto importanti come Harlock stesso. Cosa si prova a livello autoriale ed umano a portarsi dietro per tutta una carriera e quasi tutta una vita dei personaggi così fondanti?
«L’idea è sempre stata quella di costruire lavori separati che insieme creano un’opera unica. In questo modo è naturale che i personaggi passino da un’avverntura a un’altra. Siamo cresciuti e abbiamo vissuto insieme. Non finirò mai la mia opera perché altrimenti vorrebbe dire che sono morto».
In Galaxy Express 999 c’è una ferrovia che copre tutta la galassia, su cui viaggia un treno che non è iperveloce, si prende il suo tempo. Quanto è importante il tema del viaggio nelle sue opere e il tempo che si impiega in viaggio?
Per realizzare il treno 999 mi sono ispirato al treno che prendevo da giovane e che portava da Kyushu a Tokyo in 24 ore. Più che il tema del viaggio, però, il vero significato della ferrovia e del treno nello spazio è quello di arrivare al capolinea, passando da stazione in stazione. Per questo ancora non ha una fine. Perché il percorso del treno e le sue fermate che conducono a un capolinea è la vita stessa».
Alla fine dell’incontro ha voluto congedarci con un altro messaggio molto importante…
«credete nei vostri sogni e seguite le vostre passioni»
Foto in home page: Jun Sato/WireImage/Getty Images
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