Esce domani nelle sale Finalmente la felicità, decimo film “natalizio” firmato Leonardo Pieraccioni (qui la nostra recensione). Commedia leggera e frizzante, racconta la vicenda di Benedetto, insegnante di musica di Lucca la cui vita viene sconvolta da una novità sconcertante: sua madre aveva adottato a distanza una ragazza brasiliana di nome Luna. Che ora è cresciuta, fa la modella e vuole a tutti i costi conoscere il fratellastro, con tutte le conseguenze del caso…
In occasione dell’anteprima milanese del film, Pieraccioni ha incontrato la stampa per parlare del film, dei suoi due “angeli custodi” nel film Ariadna Romero e Thyago Alves, della sua amicizia un po’ particolare con Rocco Papaleo e delle gioie della cacca. Ecco quello che ha raccontato in conferenza stampa…
Da dove nasce l’idea del film?
Leonardo Pieraccioni: «Finalmente la felicità è una storia vera (o quasi), che mi ha raccontato un amico una volta che eravamo davanti alla tv e guardavamo Amici. “Sai” mi ha detto, “mia mamma ha adottato a distamzaa una bambina brasiliana, anni fa. Pensa che bello se scoprissi che è diventata una bellissima ragazza, è il mio sogno… insieme a quello che mi restituisca tutti i soldi che le abbiamo mandato in questi anni!”. La prima parte l’abbiamo sfruttata per il film. La seconda no, perché ci siamo detti: “Altrimenti che film buonista sarebbe?”. Ma scherzi a parte, volevamo raccontare una convivenza forzata tra una persona semplice come il mio personaggio e una modella famosa. Ci siamo divertiti a scrivere il film, io e Giovanni (Veronesi, ndr), a buttarci con il bungee jumping senza neanche vedere se era ben stretto, a scrivere un film molto comico, molto allegro, figlio di un momento particolare e molto rilassato per entrambi».
Fiducia e tradimenti sono due aspetti complementari e molto presenti della storia, che nasce da un tradimento e prosegue tra corna e bugie…
LP: «Ho voluto raccontare il concetto di “memoria e fiducia”, che è uno dei temi portanti del film, sta alla base del racconto stesso. È un’idea che ogni psicanalista ti insegna alle sedute, quel “gioco” per cui ci lascia andare a occhi chiusi e si cade tra le braccia di un’altra persona. Ma questi sono ragionamenti successivi, a me quello che interessa è che la gente si diverta. Vorrei che quando uno esce dal cinema dopo aver visto il mio film fosse felice perché s’è divertito per un’ora e mezza, e quando va verso la macchina (sempre che la trovi!) ci vada con il sorriso sulle labbra. I film sono come degli acquerelli, per questo nella colonna sonora c’è una canzone di Toquinho: perché vorrei che il film fosse quella canzone, che mettesse il buonumore».
Come sono stati i due protagonisti “esotici”, cioè Thyago Alves e Ariadna Romero?
LP: «Cosa dire di Ariadna? L’ho vista ai provini e la prima cosa che ho notato sono stati i suoi occhi luminosi. Il cinema è fatto di sguardi, di occhi, e lei ha uno sguardo che racconta tutto. All’inizio mi pareva troppo giovane: “Stiamo attenti” mi sono detto, “io voglio dare dignità al mio personaggio, ho una figliola che mi giudica, una compagna che mi dice di smetterla con queste attrici belle e giovani perché ormai ho 46 anni”. Infatti avevamo pensato di farla trentunenne, ma poi ce ne siamo fregati: un mio amico pittore una volta mi raccontò: “M’è cascata l’acqua su un quadro, mi han detto che è il mio quadro migliore”. È una questione di istinto. Thyago, invece, e scrivetelo pure se volete, be’ Thyago mi sta sui coglioni. Perché è troppo bello, prima ha fatto liquefare due ragazzine solo guardandole. Speravo fosse almeno antipatico, mi dicevo: «Avrà l’alito barocco e l’ascella fetusa» e invece no, ce le ha tutte. nella vita. Però per compensare queste due presenze c’è Rocco Papaleo, con il quale, come avete visto, nel film c’è stato un bacio in bocca. Noi ci conosciamo dal ’95, e il problema è che mentre la giravamo lui ha messo anche un pezzettino di lingua. E a me è piaciuto! Questo è tutto quello che posso dire su di lui».
Cos’è la felicità per te?
LP: «La felicità è la serenità. La felicità è troppo, è come quando entri in una stanza e ci trovi 34 °C, all’inizio ti garba, poi cominci a sudare. La felicità è quello, è un eccesso. È più bello il tepore che ti dà la serenità, e la serenità sta sui 21/22 °C. E per me la serenità è sinonimo di paternità, in questo momento, anche se non è facile da spiegare. Perché la paternità è un codice, se te t’hai figlioli sai ed è inutile parlarne, se non ce li hai fatti forte di questo aforisma: “Se vuoi essere spettatore della vita non fare figli, se vuoi conoscere la gioia e anche il dolore profondo fai figlioli”. E quindi io sono sereno e rilassato, perché tutta la mia vita ruota intorno alla cacca delle cinque. Non avrei mai immaginato che un essere umano che fa la cacca potesse dare gioia». (Foto Kikapress)