Patagonia: una dolce e feroce storia d’amore e sottomissione. La recensione dell'incendiario e sadomasochista film d'esordio di Simone Bozzelli
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Patagonia: una dolce e feroce storia d’amore e sottomissione. La recensione dell’incendiario e sadomasochista film d’esordio di Simone Bozzelli

Il film con protagonisti Andrea Fuorto e Augusto Maria Russi è uscito nelle sale cinematografiche con Vision Distribution a settembre, dopo l'anteprima all'ultimo Locarno Film Festival

Patagonia: una dolce e feroce storia d’amore e sottomissione. La recensione dell’incendiario e sadomasochista film d’esordio di Simone Bozzelli

Il film con protagonisti Andrea Fuorto e Augusto Maria Russi è uscito nelle sale cinematografiche con Vision Distribution a settembre, dopo l'anteprima all'ultimo Locarno Film Festival

Patagonia di Simone Bozzelli con Andrea Fuorto
PANORAMICA
Regia

Yuri (Andrea Fuorto) ha vent’anni e vive con l’anziana zia una vita ovattata nel grembo del piccolo paese abruzzese che è tutto il suo mondo. Ad una festa di compleanno incontra Agostino (Augusto Mario Russi, esordiente assoluto), animatore girovago e incantatore di bambini, che gli promette l’indipendenza che Yuri non sapeva di stare cercando. 

Sognando la libertà della Patagonia, i due partono per un viaggio di autodeterminazione che si trasformerà in un delirio di controllo e prigionia.

Patagonia, il film di Simona Bozzelli presentato allo scorso Locarno Film Festival e uscito nelle sale con Vision lo scorso settembre, ridefinisce il concetto stesso del film sulle “due solitudini che s’incontrano”. Lo fa lavorando su sfumature, non detti e rimossi inconsci, delicati, feroci e spettrali, della storia d’amore e di sottomissione tra due ragazzi, che si avvinghiano in una relazione palesemente ma anche irresistibilmente asimmetrica. 

Agostino rappresenta per Yuri la possibilità di sganciarsi dal natio borgo selvaggio che lo imprigiona da tempo immemore, eppure al contempo è colui che più di ogni altro tira fuori da lui una natura nevrotica impercettibile eppure selvaggiamente e ferocemente tremolante, che il giovane abruzzese e sulmonese Fuorto, una vera promessa per il futuro del cinema italiano, riesce a incarnare da attore di razza, attento a sfumature e sottigliezze di quelle che sfuggono a tutti gli altri e recitando, di fatto, solo con i suoi meravigliosi occhi e poco altro. 

L’infanzia di Agostino è invece un’infanzia negata, che si è tradotta in un’età adulta approssimativa, nomade, girovaga e incartapecorita, eppure ebbra di vitalità e seduzione, nella sua mistura decomposta di sigarette, canne, CD che si bloccano, musica techno esplorata di villaggio in villaggio, spostandosi sempre entro le pareti mobili di un camper. 

Per lui Yuri rappresenta un ultimo orizzonte e un orizzonte ultimo di speranza possibile, che pure lui per primo si impegna a disinnescare e vilipendere attraverso l’esercizio ambiguo della sottomissione e della dominazione sessuale e psicologica, che si traduce, nel film di Bozzelli, in una scena sessuale kinky a carattere molto sfacciato, pronta a far storcere il naso a spettatori facilmente suscettibili rispetto a tanta scabrosità. Quando arriviamo al campo rave, Agostino non è altro che uno dei tanti giovani frastornati, fluttuanti sessualmente e psicologicamente indeterminati. A muoverli non è l’ambizione ma il precipitato di un desiderio che serve a sbarcare il lunario e arrivare a domani, dove tutto ricomincia uguale a ieri, ha detto Bozzelli per descriverlo.

«Tutti i bambini crescono, meno uno»: questo è l’incipit del romanzo di Peter Pan, scritto da James Matthew Barrie – dice invece Bozzelli a proposito del suo film, tirando in ballo lui stesso il riferimento letterario più preminente per inquadrare Agostino: come tutti sappiamo, infatti, Peter è infatti un bambino che non vuole crescere, volante, libero e pieno di fantasia. Quando Wendy, una bambina che Peter trascina con sé in un viaggio notturno, gli chiede dove abiti, Peter risponde: «Seconda stella a destra, poi dritto fino al mattino». Una risposta poetica, data per fare colpo: Peter Pan ha le caratteristiche letterarie del bambino seduttore e un po’ sbruffone, avventuroso e travolgente.

Proprio come Yuri. 

Patagonia, nonostante i tanti meriti, ha il limite di proporsi con uno stile un po’ “fighetto”, vagamente hipster e pettinato, alla Xavier Dolan postumo ma più brutto, sporco e cattivo anche grazie alla bella grana in pellicola 16mm, con l’evidente vocazione da enfant prodige che Bozzelli sa di possedere e dissemina a piene mani, rischiando di scottarsi ma confezionando comunque un film abbrutente, spossante, eppure spudoratamente magnetico e romantico. 

Un equilibrio davvero difficile da ottenere, ma che rappresenta il principale merito in grado di far di Patagonia un esordio davvero ragguardevole e di tutto rispetto, con quella Patagonia del titolo a fungere da miraggio malinconico, impalpabile eppure dannatamente imprescindibile. E che avrebbe meritato forse – vista l’annata particolarmente generosa al Lido, sul fronte della proposta a spron battuto del cinema tricolore – il Concorso di Venezia 80, specie dopo il cursus honorum di Bozzelli, che ha all’attivo diversi corti pluripremiati (Giochi, J’ador e tanti altri: cercateli, recuperateli) e la regia del videoclip di I wanna be your slave dei Måneskin, dove si esibivano roventi la lingua calda e lasciva di Victoria De Angelis e i tacchi a spillo urticanti di Ethan Torchio, batterista della band romana, ormai assurta tra i grandi nomi contemporanei del rock mondiale e spacca-classifiche (il loro ultimissimo album, RUSH! è uscito di recente in una nuova versione deluxe dal titolo RUSH! ARE YOU COMING?, con dentro tanti inediti, tra cui Trastevere e l’ultimissima The Driver, il cui videoclip freschissimo diffusione, e davvero nuovo di zecca, è stato girato su un tetto di Città del Messico).

Voglio essere il tuo schiavo, appunto. Un talento sadomasochistico e fassbinderiano, quello di Bozzelli, insperato e prezioso come un diamante nato, come un fior di De André, in mezzo al letame del nostro conformismo peloso, nella scuola – e nel solco ideale – della famiglia dei Bernardo Bertolucci, e perché no anche dei Guadagnino (che lui dice di non conoscere, presentando il film al Sulmona International Film Festival col/in compagnia del sottoscritto; appello sfacciato in calce, avvertenza: “Luca e Simone, per favore, parlatevi, scrivetevi, vi mettiamo in contatto noi. Please“).

Foto: Wildside, Vision Distribution, Rai Cinema

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