Loro 2, Paolo Sorrentino racconta il suo Berlusconi: «Non posso non fare dei film alla Sorrentino!»
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Loro 2, Paolo Sorrentino racconta il suo Berlusconi: «Non posso non fare dei film alla Sorrentino!»

Il regista a ruota libera, su Berlusconi e sul suo cinema: «È fallendo nell’imitazione dei capolavori che trovi la tua originalità. Qualcuno dice che cerco di imitare Kubrick, Scorsese, Fellini o Harmony Korine e sicuramente non li imito bene, ma almeno mi dovete riconoscere che sono originale…».

Loro 2, Paolo Sorrentino racconta il suo Berlusconi: «Non posso non fare dei film alla Sorrentino!»

Il regista a ruota libera, su Berlusconi e sul suo cinema: «È fallendo nell’imitazione dei capolavori che trovi la tua originalità. Qualcuno dice che cerco di imitare Kubrick, Scorsese, Fellini o Harmony Korine e sicuramente non li imito bene, ma almeno mi dovete riconoscere che sono originale…».

Loro 2: la conferenza stampa

Loro 2, ma anche loro due. Paolo Sorrentino e Silvio Berlusconi. La grandezza dell’enigma, per citare Il divo, ma anche il peso enorme di un vuoto nascosto dietro la pienezza di una vita vissuta a mille all’ora, tra scandali ed esaltazioni, successi imprenditoriali e resurrezioni politiche, “cene eleganti” e terremoti istituzionali. Un vuoto “da guardare a distanza” per sopravvivere alla minaccia dell’impotenza, per rubare una battuta pronunciata da Berlusconi in Loro 1 (qui la nostra recensione), prima parte di un dittico che il regista premio Oscar ha dedicato al personaggio più influente della scena politica italiana degli ultimi trent’anni.

È da un altro vuoto, più specifico ma anche più indefinito, che Sorrentino è partito per mettere in scena il suo Berlusconi: quello del privato. Perché se del Berlusconi pubblico si pensa di sapere tutto, è di quello privato che si poteva ipotizzare qualcosa in più, lasciandosi andare al brivido della verosimiglianza. Pur essendo l’ex Cavaliere un “torero” imprendibile (la definizione è di Sorrentino, citando Fiesta di Ernest Hemingway) e l’inarrestabile maschera di se stesso, sempre più avanti (o quantomeno immune) sia rispetto sia agli ossequi di amici più o meno sinceri e devoti che agli strali dei nemici giurati, che da sempre fanno a gara per imputargli ogni male.

La caricatura della caricatura, ma anche una smorfia da carro carnevalesco, degna del Bagaglino: un’icona della quale proprio per queste ragioni era doppiamente interessante azzardare un’ipotesi di umanità, navigando a vista nel mare aperto dell’invenzione, avventata e spericolata, tanto caro a Sorrentino. Mentre il primo capitolo del dittico è già arrivato nelle sale lo scorso 24 aprile, fermandosi fino a lunedì scorso alla soglia dei 1,7 milioni di euro al botteghino, l’attesa è già tutta per il secondo capitolo, la cui uscita è prevista per il prossimo 10 maggio.

Nel frattempo, si è svolta stamattina a Roma la presentazione alla stampa di Loro 2, alla quale erano presenti Sorrentino e il cast al gran completo. In apertura, il regista napoletano ha anzitutto voluto sottolineare il dovere di non collegare necessariamente i Loro del titolo a quanti hanno gravitato realmente intorno al totem berlusconiano: «Se i personaggi hanno dei nomi inventati, a parte Silvio Berlusconi e Veronica Lario, c’è un motivo. Il gioco delle figurine tra chi è quello e chi è quell’altro è legittimo ma somiglia troppo a un rotocalco d’antan. Una persona su due nel mondo magari si è dilettata con delle poesie in privato: questo non vuol dire che il Santino Recchia del film (il ministro opportunista e viscido interpretato da Bentivoglio, ndr) sia il ministro Bondi, come ho letto in giro. Allo stesso modo Kasia nel film non è Sabina Began e via discorrendo. Su questo non si può scherzare».

Dopo questa precisazione d’obbligo, che è relativa al piano del realismo, Sorrentino sposta il focus su quello dell’immaginazione, a lui assai più caro. Perché a furia di lavorare sulle immagine sempre in un certo modo, dopotutto, c’è il rischio di assomigliare sempre a se stessi. O no? A questo proposito, Sorrentino tira fuori una risposta memorabile: «La verità è che non posso non fare film alla Sorrentino! Posso capire che qualcuno si possa stufare, è legittimo, ma è piuttosto difficile uscire da se stessi. Come diceva Radiguet (scrittore e poeta francese, ndr) è fallendo nell’imitazione dei capolavori che trovi la tua originalità. Qualcuno dice che cerco di imitare Kubrick, Scorsese, Fellini o Harmony Korine e sicuramente non li imito bene, ma almeno mi dovete riconoscere che sono originale…».

Se dalla reazione di Silvio Berlusconi non si aspetta niente di particolare («Non posso parlare di reazioni di altri a ciò che io ho fatto, sarebbe completamente ingiusto»), un paio di certezze sul suo film il suo regista però ce le ha: «Non volevo assolutamente fare un film ideologico, contrapponendo berlusconismo e antiberlusconismo. Il film non vuole essere né un attacco né una difesa, ma il senso dell’operazione era indagare i sentimenti dietro i personaggi ed esplorare molte paure, come quella della capretta che teme l’aria condizionata, ma anche i timori dei giovani e delle persone di mezza età».

«Sarò ripetitivo – sentenzia ancora il regista con una fierezza forse un po’ annoiata, ma precisissima come sempre lo è la maschera di Sorrentino quando decide di parlare dei suoi personaggi e delle sue creazioni – ma la paura della vecchiaia emerge in tutti i miei film, tant’è che ce l’hanno anche i giovani di vent’anni che metto in scena. L’attualità del film è questa: trovo sia naturale che un momento di prorompente vitalità come quello berlusconiano porti con sé un’inevitabile dose di depressione e di paura a seguire, che magari nasceva già in un decennio poco storicizzato e assorbito come gli anni ’90. Ma su questo non voglio dire niente di più perché non ne ho le competenze, finirei col dire delle sciocchezze. Come dice spesso Umberto (Contarello, il co-sceneggiatore del film e di tanti altri film precedenti di Sorrentino, La grande bellezza compresa, ndr) in fondo è un film in costume».

E lo sguardo di Sorrentino, in tutto questo, a che altezza sta? E soprattutto: dove si colloca? «Sta nel tono – chiarisce ancora il cineasta – che vuole essere quello della tenerezza, una parola che fortunatamente va di moda. Prendere posizione sarebbe stato presuntuoso, anche se Silvio e Veronica dibattono e quest’ultima gli dice molte delle cose che gli oppositori storici di Berlusconi gli rinfacciano è chiaro che io non parteggio né per lui né per lei.  Trovo che un libro e un film sono l’ultimo avamposto per comprendere le cose, a fronte di una cronaca e un’attualità sempre più emotive, irrazionali, nervose. Solo i rischi del cinema possono portarti a riflettere anche su degli aspetti che non ti piacciono, di questo sono fermamente convinto. Essenzialmente volevo raccontare una storia d’amore: poi magari il film prende tante direzioni, forse troppe, ma mi pareva il modo più inedito per raccontare due persone di cui si è letto tanto».

Loro due, dicevamo. E dunque, inevitabilmente anche Silvio Berlusconi e Veronica Lario, interpretati magistralmente da Toni Servillo ed Elena Sofia Ricci: il loro rapporto è il cuore romantico, umanista e sentimentale del film e in Loro 2 i duetti che li vedono protagonisti sono letteralmente da applausi. «Prima di questo film ho avuto la fortuna di fare Il divo con Paolo – dice Servillo – Un film di cui sono orgoglioso, dove c’era un personaggio come Andreotti, con un soprannome da imperatore romano, totalmente immerso nei palazzi della politica, con un’introversione che alimentava il mistero. Questo personaggio è all’opposto: un divo tutto estroverso, con una presenza ossessiva con cui si è posto al centro della politica che ne fa un personaggio da cinema e che, come si vede nella prima parte, occupa affannosamente le vite di chi prova a imitarlo senza riuscirci. La scena dello sdoppiamento di Silvio con Ennio Doris (fondatore di Mediolanum interpretato dallo stesso Servillo, con una scelta geniale, ndr) e quella della telefonata mi hanno fatto capire che Paolo ci portava ad allontanarci dalla cronaca per raccontarla coi mezzi purissimi del cinema». 

In Elena Sofia Ricci, invece, ha prevalso lo studio a distanza della figura di Veronica Lario, ma anche una riflessione sulla sua universalità: «Faccio perfino fatica a parlarne, ma quello che ho portato in questo personaggio è una cosa che riguarda tutte noi donne: la fine di un amore importante, un progetto che ti si sgretola tra le mani e sul quale si è investita tutta una vita, un senso di fine e di smarrimento dovuto alla paura di invecchiare. Ho provato a metterci dentro un po’ di tutte le donne che conosco, compresa la difesa della nostra dignità universale, e mi sono lasciata guidare da Paolo come una danzatrice di tango. Alla fine non vedevo né me stessa né Veronica, ma solo un senso di pietà. Con Toni poi è facilissimo recitare perché è davvero un gigante».

Data la mole delle dichiarazioni di regista e attori principali, agli altri attori del cast sono state concesse solo poche battute per raccontare la loro esperienza. Riccardo Scamarcio (Sergio Morra, che in Loro 2 ha molto meno spazio di Loro 1) ha raccontato di una rovinosa caduta da cammello che poteva costargli cara, Anna Bonaiuto ha rivelato che il suo personaggio, Cupa Caiafa, politica del giro berlusconiano, porta il nome di una strada di Napoli,  mentre Giovanni Esposito, l’interprete del musicista di fiducia di Berlusconi, Mariano Apicella, ha decantato il suo amore per Sorrentino fin dai primi corti e la sua capacità di suggerire istantaneamente all’attore diverse chiavi di lettura per il personaggio.

Bentivoglio, dal canto suo, ha parlato del ministro Santino Recchia come di un «mutante, un camaleonte che cambia a seconda di chi ha davanti», osservando anche che «a parte Silvio e Veronica, nel film eravamo tutti indispensabili e tutti sostituibili, parafrasando la frase di Manganelli che apre Loro 1». Per Kasia Smutniak, invece, la sua Kira è «una donna innamorata e la paura più grande che ha è proprio quella di essere sostituibile», mentre Euridice Axen, che nel film è la compagna di Morra e l’amante di Recchia, confessa candidamente: «Paolo mi ha completamente trasformato: se vedo il film stento a riconoscermi e gliene sarò per sempre grata».

Infine, facciamo notare a Sorrentino che Loro 2 finisce un po’ come Le conseguenze dell’amore, suo film del 2004: (ATTENZIONE,  SPOILER) c’è una gru, ma anche qualcosa di diverso da una morte pura e semplice. L’emersione di un Cristo dalle macerie de L’Aquila terremotata, tra la resurrezione onirica e il ritrovamento fortuito, ma anche una tragica deposizione, più che uno sprofondamento puro e semplice come nel film di quattordici anni fa. Un ultimo anelito di sacro (e forse di speranza, pur nella cupezza della devastazione), al culmine di tanta tenerezza setacciata nello squallore (FINE SPOILER). Ma alla domanda se sentiva forse il bisogno di un approdo del genere, la divertita risposta di Sorrentino è fulminante e geniale nella sua preventivabile elusività: «In realtà è interessante, ma non ci avevo proprio pensato. In compenso, abbiamo capito che oltre agli animali ci piacciono molto anche le gru!».

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