Ambientato in una città di mare della Riviera italiana, Luca, il nuovo film della Pixar, è la storia di un giovane ragazzo che vive un’esperienza di crescita personale durante un’indimenticabile estate contornata da gelati, pasta e infinite corse in scooter. Il tredicenne Luca Paguro condivide queste avventure con il suo nuovo migliore amico, Alberto, ma tutto il divertimento è minacciato da un segreto profondo: in realtà è un mostro marino di un altro mondo, situato appena sotto la superficie dell’acqua.
Esordio alla regia dell’italiano Enrico Casarosa, che ha tratto ispirazione da ricordi autobiografici e dall’amicizia più importante della sua infanzia, Luca è un film all’insegna dell’elementarità dello stupore più essenziale. Lo è più di tanti film d’animazione acquatici, analoghi ma superiori. In modo più radicale, per esempio, di classici consolidati come La Sirenetta o Alla ricerca di Nemo.
Luca è, prima di tutto, un coming of age puro e semplice. Un racconto di formazione in Liguria che è tutto un fiorire di curiosità fanciullesca, irresponsabilità contagiosa, epica dell’avventura sottratta agli obblighi familiari. I personaggi adulti sono non a caso i più sacrificati, compresa la nonna che cambia totalmente faccia quando russa e fa di tutto per coprire le ansie di fuga ormai insopprimibili del nipotino.
Luca è un bambino curioso, eppure il suo sentimento verso il mondo che scopre per la prima volta è quello dell’adolescenza, di un’età nella quale è impossibile non sentirsi pesci fuor d’acqua. Non a caso l’evoluzione psicologica del protagonista trova prima un appiglio e poi uno stimolo in un amico più grande, smaliziato e avventato di lui, come sempre avviene in questi casi.
Affrontare tutto ciò con la lente dell’animazione e con la purezza di sentimento di Luca significa anche forzare, senza però mai negarli, i confini del “film per bambini”, per colorarli di qualche sfumatura in più. La sceneggiatura è di Jesse Andrews e Mike Jones, che ha lavorato anche a Soul, e non a caso sembra effettivamente di rivedere alcune immagini del film di Pete Docter in certe tonalità pastello, nelle piazzette del paese, nelle foglie di un albero e nella luce che filtra tra i suoi rami (dettagli visivi, si dirà, ma che in Luca sono talmente nitidi da sembrare anch’essi scritti).
Luca celebra le prime volte, ma la cosa più bella del film sono i cortocircuiti teneri e dolcissimi tra normalità e mostruosità, tanto pedagogici quanto emozionanti. Il catalogo di riferimenti tricolore non è una parata di stereotipi, come i più cinici sentenzieranno, ma un accumulo di dolci bozzetti nel quale si fa fatica a trovare una stonatura. Ci si interroga e ci si stupisce, casomai, per l’eterna immobilità dell’italianità da esportazione, quella in grado di risultare familiare e di scaldare il cuore di tutti col minimo dello sforzo e dell’immaginario. Più blando è invece il mondo marino, non all’altezza della precisione con cui la Pixar è solita storicamente ribaltare stereotipi e punti di vista, mostrandoci altri mondi come fossero intimamente nostri, più umani degli umani.
In Luca abbiamo i colori, i sapori e gli odori di Portorosso, calco animato di una località delle Cinque Terre. Gli omaggi lampanti a Mastroianni e quelli più velati a Fellini e alla Masina, che non escludono la devozione di Casarosa per Miyazaki e il naturalismo dello Studio Ghibli. Le note di Edoardo Bennato, Gianni Morandi, Mina e Rita Pavone, le piazze anni ’50 con gli uomini baffuti, le vecchine impettite e le fontane sgargianti anche da un punto di vista architettonico, i panni stesi ad asciugare il sole afoso a strapiombo. Il culto della Vespa come massima invenzione umana, un gatto scaltrissimo che si chiama Machiavelli, lo sciabordio magico della schiuma che s’infrange sul bagnasciuga e il fruscio del vento di certe notti spese interamente a fissare il cielo. Eppure nulla è stucchevole, nulla è di troppo nel disegno complessivo, e si finisce con l’affezionarci perfino a esclamazioni legittime, dato il contesto, come «Santa Mozzarella!» e «Santo Pecorino!».
Luca è un film pieno di correlativi oggettivi della memoria, di oggetti magici e concretissimi in grado di mettere in moto i ricordi legittimandoli con uno sguardo leggiadro e carezzevole. Un languore che guarda, restringendo il campo, soprattutto alle metamorfosi corporee del Pinocchio di Collodi, e ne traghetta lo spirito sullo sfondo di un’estate italiana uguale a mille altre. Una stagione della vita già vissuta da tutti e proprio per questo eccezionale, nella quale si può anche sognare di sorvolare il Colosseo con indosso delle ali di Icaro senza correre il rischio di vederle andare in fiamme.
Foto: Pixar Animation Studios/Walt Disney Pictures
Luca Argentero (Lorenzo Paguro) presta la propria voce nella versione italiana del film, insieme a Giacomo Gianniotti (Giacomo), Marina Massironi (Signora Marsigliese) e Saverio Raimondo (Ercole Visconti), che sono anche tra i doppiatori della versione originale. Il cast di voci include inoltre Fabio Fazio (Don Eugenio, prete di Portorosso), Orietta Berti e Luciana Littizzetto (Concetta e Pinuccia Aragosta). Tra i camei presenti nel film quello di Alberto, il migliore amico d’infanzia del regista Enrico Casarosa (pescatore – nella versione originale del film, questo personaggio è doppiato da Enrico Casarosa), e degli influencer Luciano Spinelli e Nick Pescetto (contadini di mare).
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