Si affaccia di soppiatto alla porta della sala della conferenza stampa, Frank Miller, investito da una marea di flash dei fotografi. Torna indietro, forse appesantito dai dolori della malattia, ma poi entra e i flash continuano a scattare, accompagnati da fragorosi applausi. Il maestro accenna un sorriso e ammicca ai giornalisti toccandosi il cappello. Un vero signore, stanco ma circondato da un’aura di grandezza e immortalità artistica palpabile per chiunque.
L’ospite più atteso della 50esima edizione del Lucca Comics and Games è finalmente arrivato. Un artista che nella sua lunga e brillante carriera ha rilanciato il personaggio di Batman nella trilogia de Il cavaliere oscuro – al momento in uscita per Master Race -, che ha raccontato il terrorismo in Sacro Terrore e l’hard-boiled misto al noir con Sin City. E proprio di quest’ultimo dice: «La mia ispirazione per il noir è nata prima con The Spirit e poi si è rafforzata con i film gialli degli anni ’40. Una sorta di viaggio che mi ha portato a questo genere», e anche al cinema, proprio alla regia dell’adattamento tratto dal fumetto di Will Eisner e di Sin City: una donna per cui uccidere. Poi l’autore risponde spontaneo, quando gli viene chiesto cosa ne pensa dei cinecomic odierni: «Ogni trasposizione dal fumetto al cinema ha l’obiettivo di cambiare: ogni tanto ne escono prodotti orrendi, altre volte buoni o migliori dell’opera originale. Due esempi? Il primo film di Superman e 300 di Zack Snyder».
Un uomo consapevole del suo lavoro, Miller: «Nel mondo dei supereroi sono stato parte di un importante cambiamento. E anche se oggi non è presente, citerei in questo contesto Alan Moore. Abbiamo reso questi personaggi più adulti, introducendo particolari apprezzabili o meno. Ma abbiamo cercato di creare fumetti divertenti, maturi e perché no, persino un po’ pretenziosi». E allora quale approccio dovrebbero avere i lettori dinnanzi a opere di così evocativo e potente impatto? Il maestro ha le idee chiare: «Il mio lavoro non è dire alle persone cosa fare o cosa pensare, ma è quello di raccontare buone storie e, se riesco, prendere in giro le cose stupide del mondo». E allontanandosi sporadicamente dalla fantasia per parlare di realtà, Miller accenna alla politica e Donald Trump: «Da fumettista ho bisogno di raccontate le cose come stanno. Poi insomma, abbiamo un uomo dai capelli arancioni che vuole diventate Presidente degli Stati Uniti d’America, il che è già abbastanza ridicolo. Donald Trump è un pagliaccio pericoloso».
Poi, ecco arrivare il suo personaggio feticcio: Batman. Un amore immediatamente spontaneo: «Quando iniziai a lavorare al Cavaliere Oscuro, cominciai a distillare i personaggi. Nel mondo DC ce ne sono due tipi: quelli simili agli Dei (Superman) e gli eroi. Batman è il più grande dei secondi: una furia inarrestabile causata dalla morte dei genitori, con una fede incrollabile nella giustizia e la capacità di finire al meglio ogni missione. Nel mio lavoro ho solo cercato di restituirgli una componente più emotiva ed emozionante». E nonostante il male abbia segnato fisicamente Miller, la sua anima resta radiosa e il futuro pieno di progetti: «Al momento sto lavorando a Serse, sequel di 300, dal quale si discosterà molto. Parlerò di come Serse sia divenuto Re di Persia, raccontando la sua storia, più mistica e spirituale. Anche per Ronin ho in mente un seguito. Sin City poi mi accompagnerà fino alla morte».
Infine, ecco arrivare la domanda più cinematografica possibile: qual è il film preferito di Miller? La risposta: «Mezzogiorno di fuoco con Gary Cooper». Ma a colpire di più è la scoperta del suo personaggio preferito dei fumetti: «Superman. Amo Il primissimo Superman». Forse perché anche lui è un alieno rispetto a tanti altri autori contemporanei?
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