Quella che segue è la cronaca del panel dedicato a La terra dei figli, il nuovo libro di Gipi, andata in scena venerdì 28 febbraio durante il Lucca Comics & Games 2016. Il panel è stato condotto da Roberto Recchioni. L’articolo riassume le dichiarazioni di Gipi presentando al contempo gli argomenti del suo libro.
Sembra il monolite di Kubrick La terra dei figli, il nuovo romanzo grafico di Gipi che esce in Italia in questi giorni ma è già stato venduto in tutto il mondo. Una prima volta per Coconino, che lo pubblica con copertina rigida; e una prima volta per Gipi, che abbandona del tutto gli acquerelli ed elimina i colori, puntando su chine dettagliate ed estremamente leggibili che, dice, gli sono costate grande fatica.
Ma soprattutto sviluppa il racconto secondo una trama, chiara e tonda, con tanto di viaggio di formazione. “Me ne sono accorto a pagina 220 che c’era una trama, con uno svolgimento. E lì ho capito che i lettori avrebbero fatto con i personaggi del libro quello che io faccio con quelli di Il Trono di Spade, protestando perché si comportano in un modo o nell’altro secondo il loro gusto… Una cosa che non ha assolutamente senso!”.
La terra dei figli immagina un mondo post-apocalittico in cui due ragazzini, di 15 e 17 anni, crescono tra le macerie del passato sotto la cura del padre, un uomo autoritario e violento che li tratta come animali, per prepararli al mondo de-civilizzato che li aspetta. Per questo non gli insegna a leggere né a scrivere, così che il diario che l’uomo tiene diventa per loro un’ossessione. “Il libro è nato come nascono sempre i miei libri, improvvisando. Quando ho iniziato a svilupparlo, fino a pagina 100, forse 120, non avevo davvero voglia di finirlo. Lo facevo quasi per forza. Poi mi sono incuriosito del destino dei personaggi, ed è diventato più semplice”. È un libro poco dialogato, perché “ero saturo delle mie parole e di quelle degli altri, quindi dovevano essere poche. E sapevo che alcune di quelle che ci sarebbero potute essere, ma non avrei scritto, sarebbero diventate fondamentali ai fini della storia”.
La terra dei figli segna anche il superamento della prospettiva intimista e autobiografica, che aveva finora permeato quasi tutta la produzione di Gipi. “Guardavo i miei libri del passato e mi vergognavo, ognuno conteneva una richiesta d’amore più o meno esplicita al lettore. Gli dicevo: ‘Prendi il mio cuore e fanne ciò che vuoi’. E così facendo mi guadagnavo il suo affetto. È un processo che ora mi dà molto fastidio”. Anche perché “quello che facevo con La mia vita disegnata male, cioè un harakiri pubblico, oggi con i social network è diventato la regola, e io come artista sento la necessità di andare altrove”.
La capacità di cambiare registro è arrivata assieme ai mutamenti nella sua vita: “Tre anni fa ho cambiato casa, città, compagna, e ora ho una moglie e carattere diverso. Fino al matrimonio l’infelicità era la mia benzina, e quando mi è venuta a mancare ho pensato ‘E ora che cazzo faccio?’. Mia moglie mi diceva: ‘Non preoccuparti, alla peggio faremo Peppa Pig’”. A questo passaggio, e alla pausa che ha comportato per il libro, corrisponde anche “uno stacco profondo nel disegno della storia. Per me è intollerabile, ma sono troppo pigro per correggerlo”.
E il futuro? “Sto facendo una cosa che non avevo mai fatto, scrivere per altri. Bruti (il suo gioco di carte, ndr) diventerà probabilmente un fumetto, ma lo disegnerà Luigi Critone”. Mentre per quanto riguarda il suo prossimo libro, dice: “Ho una storia porno già scritta che ancora non ho avuto il coraggio di pubblicare. Per ora è un romanzo non disegnato. Volevo disegnarlo in digitale, perché fosse spersonalizzato, con un tratto glaciale, come i personaggi che sono di plastica, ma non mi riesce. Vedremo”. Il cinema resta una ferita aperta: “Nonostante tutto, il produttore di L’ultimo terrestre vorrebbe che ci riprovassi, e avrei anche in mente una storia, quella di una banda di puttanieri che va nella ex Jugoslavia durante la guerra degli anni Novanta, rischiando la vita per portare aiuti, ma anche cercando le prostitute perché lì costano meno. Ma con il primo film mi sono fatto male, e non so se ci riproverò”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA