Nicholas Brendon, lo Xander Harris di Buffy l’ammazzavampiri, è approdato a Lucca Comics & Games 2018 nell’Area Movie per incontrare il pubblico, ma oltre ai fan si è dedicato anche a diverse interviste one to one con la stampa, una delle quali con Best Movie.
Nella serie televisiva cult con protagonista Sarah Michelle Gellar, Brendon interpretava la spalla senza superpoteri di Buffy, un personaggio quasi goffo e impacciato. Dal vivo, invece, Brendon è un uomo spigliato, divertente, dalla battuta sempre pronta, quasi istrionico e dall’abbigliamento molto informale, tipica di un californiano doc come lui.
Ecco cosa ci ha raccontato.
Attualmente si sta progettando un reboot di Buffy, anche se non è ben chiaro se si tratterà di un rifacimento o di un sequel. Tu torneresti nella serie?
«Tornerei al 100%. Mi manca l’atmosfera sul set, la presenza degli altri attori, ma più di tutto mi manca tantissimo il personaggio di Xander».
Eppure il tuo rapporto con lui non è stato del tutto positivo…
«La lunga esperienza nel ruolo mi ha portato anche alla depressione e a fronteggiare non pochi demoni, soprattutto perché se all’inizio dell’avventura ero all’80% Nicholas e al 20% Xander, con il procedere delle stagioni la percentuale è cambiata, diventando un buon 50/50. Separarmi dal mio alter ego è stato praticamente impossibile».
Com’era essere l’unico personaggio della serie senza superpoteri?
«Fantastico. Ancor di più, se rapportato a questo periodo di superhero movies. Mi sentivo diverso e pertanto unico».
Com’era recitare all’interno di una serie in cui la protagonista è donna in questo periodo di affermazione di ruoli femminili molto forti. Vi sentivate dei precursori?
«Penso sia una cosa grande, ma anche che sia triste parlarne in questi termini. Bisognerebbe ragionare sui film e le serie non in termine di genere, come se fossimo degli anatomopatologi».
A cosa stai lavorando ora?
«Sto scrivendo fumetti. La mia prima opera è stato il fumetto di Buffy, un lavoro molto professionale. Adesso invece sto autopubblicando Methman, storia di un uomo che a forza di prendere metanfetamine si è bruciato parte del cervello, sviluppando per reazione i neuroni restanti e acquisendo dei superpoteri quando attinge dalle sostanze. L’altro lavoro è La seconda chiamata, la storia di una seconda venuta di Gesù, che è un ragazzo latino che finisce in prigione, dove trova i suoi apostoli».
Il mondo delle serie tv è molto cambiato da quando hai iniziato tu?
«Sicuramente, oggi non sarei stato preso. Oggi si fanno i casting con i self-tape. Se sono stato preso è per via delle vibrazioni che sono riuscito a trasmettere quel giorno, per il mio modo di fare. Con una self-tape sarebbe stato impossibile. Mi avrebbero scartato di sicuro».
Qual è stato, secondo te, il segreto del successo della serie?
«Aver messo in scena l’adolescenza come un inferno popolato di demoni e non l’immagine edulcorata e spensierata che molti hanno in testa».
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