Quelle origini ebraiche che erano una benedizione, in senso letterale, e senza le quali, raccontava, non avrebbe avuto l’idea per creare il celeberrimo saluto “vulcaniano” (ispirato appunto a una benedizione ebraica) che lo distingueva su tutti. Il volto di Star Trek, Mr. Spock, aka Leonard Nimoy, morto oggi a 83 anni.
Era nato a Boston, nel 1931, da una famiglia di immigrati di lingua Yiddish, dove rimase fino al college. Una vita dedicata alla recitazione, da quando aveva otto anni, e passata da piccoli ruoli in film di serie B alla prima vera parte, pur minore, in un episodio di Ai confini della realtà.
Tra il grande e il piccolo schermo Nimoy costruì la sua fama, quella che tutti, oggi, ricollegano a quel ruolo iconico che si impresse nell’immaginario della fantascienza e in quello delle generazioni a venire. Mr. Spock, il vulcaniano umanoide di Star Trek, che gli valse tre candidature agli Emmy, tra il 1966 e il 1969, e che traduceva, in quell’epoca in cui il mondo era diviso in due nette aree di influenza, quella americana e quella sovietica, gli umori della conquista dello spazio, dell’esplorazione di altri mondi e altri pianeti, temi che sarebbero diventati, dallo sbarco sulla Luna in avanti, appropriazioni tout court della letteratura sci-fi e dei suoi derivati.
Nonostante quelle orecchie a punta, la tuta azzurra e la frangia geometrica, Leonard Nimoy seppe anche sganciarsi dal suo personaggio, oltre la serie e dopo i film (l’ultima apparizione in Into Darkness del 2013), riuscendo a mantenere quel distacco che pure, per i fan, corrispondeva a una adesione perfetta tra attore e ruolo.
Da una parte, dunque, l’amore devoto alla fantascienza, che lo portò a recitare in Fringe, dove ancora una volta faceva vincere il principio della razionalità e del genio, in Brave new world, Terrore dallo spazio profondo e L’invasione degli ultracorpi. Dall’altra la capacità di coltivare interessi che esulavano dal cinema: la musica, l’autobiografia (due in tutto), i videogiochi, il teatro.
Una figura multiforme, dunque, che vogliamo ricordare, attraverso i suoi tanti volti e che vogliamo salutare, come lui stesso ci ha insegnato, con il suo motto: lunga vita e prosperità.
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