A Wellington il clima è buono quasi tutto l’anno, ma a giugno la temperatura scende sotto i dieci gradi e il vento che sale dal golfo la fa sembrare ancor più fredda. Il centro cittadino è un semicerchio che abbraccia l’Oceano Pacifico, ma è risalendo la costa e alzandosi verso le colline che si raggiungono gli Stone Street Studios di Peter Jackson, una collezione di teatri di posa cresciuti di numero anno dopo anno per ospitare produzioni sempre più “ingombranti”: Il signore degli Anelli e Lo Hobbit, naturalmente, ma anche King Kong, Il drago invisibile e Ghost in the Shell.
E poi Avatar: non solo il primo, ormai storico, ma anche i numerosi sequel progettati dal genio di James Cameron, che – quando facciamo il nostro ingresso – potrebbe tranquillamente aggirarsi nei dintorni a testare nuove soluzioni tecniche per la nuova quadrilogia in uscita a partire dal 2020.
Ma se siamo sulle colline di Wellington, dopo un viaggio di quasi 36 ore, è proprio su invito del padrone di casa, Mr. Jackson. Che ci ha portato qui per assistere alle riprese di alcune scene del suo nuovo progetto, Macchine mortali (qui potete vedere l’ultimo trailer ufficiale), la cui regia ha affidato al collaboratore storico Christian Rivers che lavora con lui dai tempi di Splatters – Gli schizzacervelli, prima agli storyboards, poi agli effetti speciali.
Il film è tratto dal primo di una serie di sette romanzi firmati da Philip Reeve, una saga steampunk e postapocalittica per ragazzi che immagina un futuro in cui le città sono giganteschi organismi meccanismi che si muovono su cingoli sopra un Terra devastata, in cerca di risorse. Quando due di questi “mostri” si incontrano, il più piccolo e debole è destinato a soccombere e ad essere inglobato dal più grosso, fornendogli energia, cibo e materie prime.
Il più grande di tutti, e fulcro del racconto, è la città di Londra, (letteralmente) guidata dall’ambiguo archeologo Thaddeus Valentine (Hugo Weaving).
Nei grandi teatri di posa in cui ci troviamo a passeggiare, i set (oltre 70 nel disegno complessivo del film) vengono creati dal nulla da squadre di carpentieri, poi montati e smontati senza soluzione di continuità, nel giro di pochi giorni. Il primo che visitiamo è la riproduzione di un enorme museo, dove icone del “vecchio mondo” (cioè il nostro) – come Pc, insegne (Mc Donald’s) e pupazzi (i Minions) – vengono esposte a mo’ di reperti. La tecnologia digitale è il passato mentre, secondo i canoni del genere, il mondo è tornato a dipendere da bizzarri marchingegni a vapore e le architetture sono retaggi di epoca vittoriana. Più tardi ci aspetta un’altra imponente ricostruzione, una cattedrale posticcia le cui colonne si alzano per quasi venti metri, mentre i riquadri in finto marmo del pavimento si chiudono su un misterioso altare che pulsa di leve, bottoni e un cuore luminoso bianco e cremisi.
All’esterno, una torretta si alza tra gli studi. Qui salgono le vedette: sono incaricate, quando le riprese avvengono in esterna, di avvisare la crew della partenza dei voli dal vicinissimo aeroporto cittadino, in modo da evitare che il suono degli aerei comprometta il risultato. Una contingenza quanto mai scomoda, che tuttavia non ha impedito agli Stone Street di diventare un punto di riferimento mondiale per la realizzazione dei grandi kolossal fantasy.
Poco più in là, invece, ci sono gli uffici e le roulotte, dove incontreremo proprio lui: Peter Jackson.
[Il resto del racconto e l’intervista a Peter Jackson sul numero di Best Movie di Dicembre]
Nella gallery che potete scorrere sotto trovate alcune foto del film e dal set.
Foto: © Universal Pictures
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