Due menti comiche d’eccezione, Maccio Capatonda e Luigi Di Capua, hanno tenuto ieri pomeriggio un panel congiunto sul Main Stage del Best Movie Comics and Games, dal titolo eloquente: Kings of Comedy (anche se loro stessi hanno ammesso di preferire la definizione slaves of comedy). Un’occasione per riflettere un po’ su se stessi e sulla loro idea comicità, ma anche per tracciare un bilancio del loro incontro e sodalizio umano e professionale.
Sembra ieri quando YouTube era il regno dei The Pills, un gruppo di giovani che, tramite la piattaforma, raccontavano situazioni paradossali e disagi vissuti da un gruppo di studenti e coinquilini nella periferia romana. Da allora, uno dei principali autori e protagonisti, Luigi Di Capua, ha portato il suo stile comico sia al cinema che in tv, non solo continuando a lavorare con i The Pills a diversi show e successivamente al loro primo film, Sempre meglio che lavorare, ma anche partecipando alla saga cinematografica Smetto quando voglio.
Apparso inizialmente come comparsa nel primo capitolo, ha poi proseguito la collaborazione nelle vesti di sceneggiatore dei due sequel, Ad honorem e Masterclass. La sua esperienza come autore lo ha poi portato a scrivere la serie The Generi insieme proprio a Maccio Capatonda e, nel 2023, all’esordio dietro la macchina da presa con la commedia Holy Shoes, che, in barba a ogni diktat promozionale, lui stesso definisce al BMCG “un film triste“ (sarà nelle sale dal prossimo 4 luglio).
A proposito del loro incontro, Maccio racconta: “Io ero un fan dei The Pills, e quando ci siamo conosciuti ci siamo piaciuti. Ci siamo visti prima allo IULM, poi al Forte dei Marmi per un premio della satira e poi al Berghain, la discoteca di Berlino. Io vado più sul surreale e sul grottesco, Luigi più sul realismo“.
Il legame tra i due è saldo anche fuori dal set, come precisa Di Capua: “Marcello nella vita reale è molto più profondo di quanto si possa pensare, abbiamo condiviso anche la pesantezza”. Gli fa eco Capatonda: “Durante le nostre cene parliamo dei massimi sistemi dell’esistenza come se dovessimo morire, ma poi decliniamo queste idee comicamente. Proprio perché devo compensare nella vita sono l’uomo più triste del mondo”. Entrambi condividono una visione della commedia in grado di raccontare un rapporto non riconciliato con la realtà, come sottolinea Di Capua: “La commedia nasce da una forma di disagio rispetto a ciò che della società non ci piace, è una forma di protesta: le persone che fanno commedia normalmente non stanno bene nel mondo“.
Padre Maronno, Mariottide, Dottor Medici, Mario, Jerry Polemica… sono solo alcuni dei tanti personaggi che Maccio Capatonda ha fatto conoscere al pubblico italiano. Strampalati, stereotipici, spesso demenziali, ma dalla scrittura intelligentissima, sono stati il biglietto da visita di quello che ad oggi è uno dei maggiori nomi della comicità italiana. Si è formato sulle webserie, sfruttando il potere di YouTube quando ancora in pochi ne avevano intuito le potenzialità, ma è passato anche per realtà televisive quali Mai dire… insieme alla Gialappa’s Band, All Music Show e LOL – Chi ride è fuori, oltre al programma radiofonico Lo Zoo di 105. Poi è stata la volta del cinema, con la regia dei suoi film Italiano medio, Omicidio all’italiana e, nel 2023, la commedia Il migliore dei mondi.
“Hitchcock diceva che il film che faceva ce l’aveva tutto in testa e seguiva le sue idee, mentre nel mio caso ci sono mille imprevisti come le ambulanze che passano, il budget e mille altre cose – spiega Maccio -. Quando fai un film è come andare in guerra e devi capire per cosa devi lottare e su cosa invece devi arrenderti. La tecnologia ti permette di essere mainstream in un secondo, ma al contempo ti rende schiavo, è un conflitto continuo. Personalmente ho deciso di guardare Instagram e TikTok una volta al giorno, magari ci sto sopra un sacco di tempo ma poi nell’arco giornata non li riapro più. Ho anche tolto il FaceID e messo un codice di 16 cifre sul telefono a questo scopo”.
“Mi disprezzo quando guardo i film a casa e contemporaneamente scrollo Instagram, magari guardando Haneke e i film d’autore che mi costringo a vedere – confessa scherzando Di Capua -. Poi ho una passione totale per la panificazione e dopo le 22.30 non guardo filmati che non contengano del glutine lavorato, magari su una panetteria in Giappone in cui fanno delle focacce. Sono cresciuto in realtà a pane e Simpson e sono stati fondamentali, per me, a livello umano ed esistenziale. L’elemento di satira e di comicità si associava anche all’esplorazione delle emozioni: uno degli autori, James L. Brooks, ha realizzato anche Qualcosa è cambiato e altri filmoni basati sulle emozioni. Far coincidere sentimento e comicità è qualcosa che mi ha sempre mosso“.
In chiusura, viene chiesto a Maccio il personaggio che in qualche modo gli sta più a cuore tra tutte le sue incarnazioni e lui risponde così: “Padre Maronno è un po’ troppo cattivo, mentre Mariottide invece mi fa pena per il suo fallimento totale, per cui direi Mariottide. Il fallimento mi interessa è un grande tòpos letterario e anche comico. Certe volte bisogna anche fallire bene, fragorosamente, e forse ho creato Mariottide proprio per potere raccontare un fallimento colossale”.
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