Suona davvero come un testamento l’ultimo film di Carlo Mazzacurati, regista padovano e autore apprezzato di film memorabili (Vesna va veloce, Il toro, La lingua del Santo, A cavallo della tigre), morto di recente. La sedia della felicità racchiude il suo mondo, ne possiede tutto lo stile surreale in modo amplificato e mostra, infine, la profonda trasformazione del suo Veneto ai tempi della Crisi, incamerando “La ricerca della felicità” dei suoi protagonisti, spasmodicamente impegnati nel tentativo di sfuggire alla miseria e di realizzare la vita dei sogni.
Gli eroi sgangherati del suo film sono Dino (Valerio Mastandrea), tatuatore, e Bruna (Isabella Ragonese), estetista: due loser approdati al Lido di Jesolo chissà come e perché, ai quali la miseria non ha ancora distrutto la speranza. Alle prese con gli alimenti da pagare per il figlio l’uno e con gli affitti dei macchinari del suo studio l’altra, non riescono a far fronte alle proprie necessità. La svolta per Bruna si offre nella rivelazione che Norma Pecche (una ruspante Katia Ricciarelli), madre e complice di un bandito a cui Bruna fa le unghie in prigione, le fa prima di morire riguardo al nascondiglio del tesoro del figlio. Ovvero, un gruzzolo di gioielli che metterebbe la vita a posto a chiunque e che sarebbe nascosto nella fodera di una sedia da collezione acquistata dai Pecche ai tempi d’oro. Bruna in un primo momento corre coraggiosamente alla villa di famiglia, varcandone il cancello e trovandosi di colpo imprigionata in compagnia di un cinghiale. Una volta scoperto, grazie alla collaborazione di Dino ormai complice alla pari, l’avvenuto sequestro dei beni e la messa all’asta di 8 delle 12 sedie comprate dai rapinatori, i due si mettono alla ricerca del tesoro, catapultandosi in un mondo surreale e grottesco di maghi, fiorai e sensitive, passando dalla Laguna al mare, fino alle cime innevate delle Dolomiti. Nella ricerca non sono soli però: un prete con il vizio del video poker, Padre Weiner alias Giuseppe Battiston, è stato informato dalla Pecche dell’esistenza del bottino. La ricerca forsennata della sedia e la competizione col prevosto accelerano il ritmo e trasformano il film in un on the road sgangherato e paradossale, che nonostante ciò, racconta molto bene il reale.
Protagonista ex aequo dei suo comprimari in carne e ossa, diventa con il dipanarsi della storia il Nordest contemporaneo sempre più multietnico, territorio d’elezione per Mazzacurati delle sue storie, in quanto terreno ideale per una rapsodia di situazioni talmente assurde, ma talmente assurde da reclamare spesso a gran voce la sospensione dell’incredulità. A corroborare il tutto ci scorre sotto gli occhi una sarabanda di personaggi eccentrici, protagonisti di siparietti comici ispirati allo humour yiddish, che mescola ironia e catastrofe.
La sedia della felicità, col suo modo fiabesco e il garbo di cui è intriso, compendia lo stile leggero, ma per niente superficiale di Mazzacurati e ne raccoglie il meglio dei suoi attori feticcio, divenuti nel tempo suoi grandi amici: il già citato Battiston, Fabrizio Bentivoglio, Antonio Albanese, Silvio Orlando, Roberto Citran…). L’autore sarebbe sicuramente d’accordo con noi nell’affermare che non c’era modo migliore di salutare il suo pubblico che questo divertissement, così bizzarro e pittoresco in certi punti da evocare un mix tra un film di Kusturica, uno dei Coen e uno di Wes Anderson, sebbene girato con mezzi più modesti e attraversato da folklore tipicamente italico.
Il film domani giovedì 24 aprile per 01 Distribution.
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