Maid
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Una volta che ho finito le dieci puntate di Maid, su Netflix, mi sono catapultata su Instagram e ho schiacciato “follow” sul profilo di Stephanie Land (@ stepville). Mi è comparsa la figura di una donna sorridente, dalle braccia ricoperte di tatuaggi, che vive in una fattoria circondata da bambini, ragazzi, un marito amorevole e cagnolini. È la nuova vita di Stephanie, una volta donna delle pulizie in fuga da un compagno violento, oggi scrittrice di successo, autrice del memoir da cui è stata tratta una delle serie più amate dell’autunno.

Maid – ideata da Molly Smith Metzle, la showrunner di Orange Is The New Black e prodotta da Margot Robbie – mi ha colpita, affondata, fatta piangere, innamorare. Ha generato in me, e immagino in molti spettatori, un moto di speranza: ce la si può fare, da soli, inseguendo l’amore vero e creandosi una strada propria e autentica. Margaret Qualley, classe 1994 e figlia della mitica Andie MacDowell, che qui interpreta sua madre, è bravissima nei panni di una giovane madre che perde tutto, ma non si arrende.

La storia è quella della stessa Stephanie (nella serie Alex), che a 29 anni (nella finzione appare ancora più giovane), senza una laurea – avrebbe voluto iscriversi a un corso di scrittura creativa, ma i genitori non avevano la possibilità di sostenerla – ha una figlia da un compagno che conosce da poco e che presto si rivela aggressivo e dipendente da alcol. Alex/Stephanie, nonostante non avesse né soldi né un luogo dove stare, decide di non sottostare alla violenza e di andarsene insieme alla piccola Maddy (nel libro è Mia). «Non voglio più togliere cocci di vetro dai capelli di Maddy», dice al padre della bambina dopo un ennesimo litigio.

La serie e il libro, che in Italia è pubblicato da Astoria e si intitola Donna delle pulizie, procedono di pari passo, esplorando la fatica di una donna che cerca di farcela. L’aspetto economico (che nella serie è sottolineato dalle grafiche che accompagnano il prezzo di ogni oggetto che viene acquistato da Alex) è il cuore del racconto.

Alex viene esclusa e stigmatizzata perché povera… Uno status che negli Stati Uniti d’America viene vissuto come una colpa. Ma Alex non demorde, si rimbocca le maniche e tra alti, bassi, donne che la osteggiano ma poi decidono di aiutarla, riesce a farcela, anche sviluppando una sua personale visione del mondo che la porta a pensare che la ricchezza non sia fonte di felicità. «Quello che ho visto nei due anni in cui ho pulito case di ricchi mi ha spinto a non desiderare più di esserlo», scrive in uno dei suoi primi articoli Stephanie, dopo essere riuscita a frequentare un corso di scrittura creativa.

Maid non è solo una storia di rinascita, ma anche di una definizione e realizzazione di sé, indipendentemente da modelli precostituiti. E ora guardo questa ragazza che condivide foto sorridente sui social, quasi incredula del successo inaspettato che la storia della sua vita le ha portato. Negli occhi però non pulsa la rivalsa. Ma profonda gratitudine.

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