Il sabato del Cine&Comic fest 2018 e il racconto di una vita.
La presentazione del libro di Maurizio Nichetti, Autobiografia Involontaria (edito da Bietti Heterotopia) è stata l’occasione per parlare col Direttore Giorgio Viaro e con il regista Ivan Silvestrini – che ha diretto proprio Nicchetti nel divertente Arrivano i prof – di storie e in particolare di cambiamenti, il tutto con sguardo ironico.
Un libro di istantanee – un anno, un aneddoto a partire dal 1958 – per cadenzare la vita di Nichetti assieme a quella del paese, momenti che il Regista di Ratataplan ripercorre con gusto. «Sapete – racconta – sono il mimo più loquace di Italia».
«Io non volevo fare un’autobiografia – esordisce – non ne vedevo la ragione, non volevo fosse stampata, presentata, letta. Poi, durante una notte insonne, il suono di un’app mi ha fatto comprendere che raccontarmi era un modo per raccontare la storia che mi capitava attorno».
Maurizio chiacchiera di gusto con il pubblico presente alla Libreria Coop dell’Expo, scegliendo gli aneddoti che non sono il fine ma un mezzo, la finestra per mostrare come siano cambiate la società, il cinema, la politica:
«Il politico di quando ero ragazzo – racconta – si muoveva piazza per piazza e la sua oratoria era misurata sui tempi della folla. Poi è arrivata la TV e i politici da strada sono stati sostituiti da quelli telegenici.
È sempre così, quando subentra un nuovo linguaggio arrivano nuovi attori. Dalla TV alla pubblicità, dalla pubblicità ai social».
La politica spiegata con la storia della comunicazione diventa molto più semplice:
«I nuovi mezzi hanno aumentato gli stimoli, le opportunità, ma allo stesso tempo hanno dato l’illusione che tutti possano fare tutto; persino il cinema».
La telecamera frontale dei cellulari e una bulimia di protagonismo.
«Anche il pubblico è cambiato. Insegnando Cinema, spesso mi trovo con classi più reattive di fronte ad un selfie che ad un film di Antonioni.
Sono cresciuti coi tempi della pubblicità, con la rapidità di Youtube, dopo un’ora di film si trovano con attenzione azzerata. ‘Facciamo pausa prof? Devo fare merenda’».
A parlare del mestiere anche Ivan Silvestrini: «Il linguaggio e la sua evoluzione, non solo nel cinema, racconta molto della storia del mondo. Quello che mi preoccupa, guardandomi intorno, non è tanto l’utilizzo delle nuove opportunità, ma una mancanza di ricerca del sublime che è fondamentale tanto nel nostro lavoro quanto nella vita».
Nichetti inevitabilmente ripercorre vita e carriera.
«Negli anni ‘60, in piena contestazione, non era facile essere militante e voler fare ridere. Come facevo a dire: ‘andate in manifestazione voi che io devo andare a mimo?’
Ricordo però che le persone si giudicavano per quello che erano – il racconto di due suoi professori di liceo è una metafora potente – non per quello che sembravano. Forse la fine della guerra aveva aiutato a venirsi incontro. Un legame mano a mano azzerato».
Come oggi.
«Non furono anni semplici, al ‘68 seguì il periodo delle stragi e alla fine di quel decennio arrivai con il mio primo film, Ratataplan»
Un successo.
«Spesso le cose accadono non solo per merito ma anche perché uno si trova a nascere nel posto giusto al momento giusto. Alla fine degli anni ‘70 la gente aveva bisogno di ridere e il mio film dava quello. Intercettai un bisogno, quello di seppellire con una risata un decennio di ansie e paure. Fu liberatorio».
«Che effetto farebbe oggi un film come quello?», chiede Giorgio.
«Sarebbe una bella sfida narrativa – risponde Ivan – perché un film muto sarebbe azione senza dialogo. Una sfida stimolante, soprattutto se non fatta per una nicchia ma per arrivare ad un pubblico eterogeneo».
Durante il firma copie che è seguito, c’era ancora tanto da dire e l’impressione che, sebbene abbia una vita da raccontare, sia sempre più curioso, magari preoccupato, sicuramente non disilluso; un mimo loquace e dalla grande allegria.
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