Dopo Silver e i 50 anni del suo Lupo Alberto, i riflettori dell’Arena Comics della terza edizione di Best Movie Comics and Games si sono rivolti verso un altro grande anniversario a fumetti. Sul palco è salito infatti lo sceneggiatore e romanziere Max Bunker, pseudonimo di Luciano Secchi, per celebrare i 60 anni di due dei suoi personaggi più famosi: Kriminal e Satanik.
L’autore, uno dei nomi storici del fumetto italiano, creatore di figure di successo come Alan Ford, Maxmagnus, Dennis Cobb ed El Gringo, ha esplorato nel corso della sua carriera una moltitudine di generi e medium differenti. Con Kriminal e Satanik, personaggi altamente innovativi nel panorama culturale italiano del periodo, si è cimentato con il fumetto noir, virando poi, rispettivamente, verso il poliziesco e l’horror/soprannaturale.
Un esperimento che gli italiani hanno subito premiato: «Hanno rivoluzionato un po’ tutta la maniera di fare fumetto. I tanti “proibiti” che c’erano allora sono saltati per aria, il pubblico ha capito che fosse una cosa del tutto nuova e ha aderito subito. Io ero in vacanza quando è uscito il primo numero, ho telefonato per chiedere se ci fossero i dati delle vendite. Mi hanno risposto che il distributore mi stava cercando per mari e per monti perché bisognava già ristampare tutto».
Le due serie, pubblicate tra gli anni Sessanta e Settanta, sono figlie del sodalizio tra lo sceneggiatore e il disegnatore Magnus (Roberto Raviola), che ha esordito proprio con Kriminal: «A un certo punto il fumetto è diventato addirittura settimanale. Avevamo una richiesta incredibile. Io mi occupavo delle storie, di disegnatori invece ce n’erano sei, di cui Magnus è stato il primo. Dovevamo essere tutti molto veloci, visti i tempi di lavorazione. L’unico che era sempre in ritardo era proprio Magnus. Gli telefonavo: “Allora, hai finito?” “No.” “Quante pagine ti mancano?” “Dodici.”. Il giorno dopo chiamavo e lui: “Sì, ho finito”. Ma gliene mancavano otto”».
L’altro disegnatore che Max Bunker ricorda è Luigi Corteggi, autore delle copertine delle serie, ripubblicate in occasione del 60° anniversario in due volumi da collezione da 1000 Volte Meglio Publishing: «Io supervisionavo tutto – ha rammentato l’autore -. Corteggi le accennava a matita, poi me ne mostrava due o tre e io sceglievo quella da fare. Era molto veloce e soprattutto era bravissimo. È stata una grande perdita per il fumetto quando è venuto a mancare».
Il segreto della poliedricità dello scrittore? «Io sono uno che lavora di getto, quando mi viene in mente un’idea mi metto lì e la scrivo. Sono capace di scrivere anche per sette o otto ore di fila. Non vi dico poi il mal di schiena… ma è proprio così, anche perché non voglio perdere il momento dell’ispirazione. Per questo, le storie tutto sommato mi escono già pronte, non devo fare molto lavoro poi: al massimo controllo, metto un termine piuttosto che un altro… tutto qui».
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