Michel Gondry racconta The Book of Solutions al Biografilm Festival: «Conosco Nanni Moretti»
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Michel Gondry racconta The Book of Solutions al Biografilm Festival: «Conosco Nanni Moretti»

L'esilarante e nevrotico nuovo film del cineasta francese di Se mi lasci ti cancello arriva in anteprima italiana dopo la première alla Quinzaine des Cinéastes al 76° Festival di Cannes, accompagnato dal suo regista

Michel Gondry racconta The Book of Solutions al Biografilm Festival: «Conosco Nanni Moretti»

L'esilarante e nevrotico nuovo film del cineasta francese di Se mi lasci ti cancello arriva in anteprima italiana dopo la première alla Quinzaine des Cinéastes al 76° Festival di Cannes, accompagnato dal suo regista

Michel Gondry al Biografilm Festival 2023

L’incontro con grandi autori e sguardi introspettivi sul nostro presente è stato uno degli elementi cardine, come da tradizione, dell’ultimo Biografilm Festival. La scorsa domenica 11 giugno ha avuto luogo, a questo proposito, l’anteprima italiana di The Book of Solutions di Michel Gondry  (già premio Oscar alla miglior sceneggiatura non originale per Se mi lasci ti cancello nel 2005), tenutasi alle 15.00 al Biografilm Hera Theatre Pop Up Cinema Arlecchino, alla presenza del regista francese.

Il film arriva a Biografilm dopo la sua anteprima mondiale alla Quinzaine des Cinéastes al 76° Festival di Cannes, a otto anni di distanza dall’ultimo film del regista, Microbo & Gasolina. Pierre Niney (Emotivi anonimi, La promessa dell’alba, Masquerade) interpreta Marc, regista bipolare e paranoico, che per salvaguardare il suo nuovo film dalle ingerenze dei produttori tenta di concluderne il montaggio nascosto a casa di sua zia sulle Cevenne. Ma il completamento dell’opera si complica perché è lui stesso a mettersi i bastoni tra le ruote, creando costanti distrazioni e rimandando di continuo il lavoro, in una successione di eventi a tratti inquietanti e a tratti esilaranti.

Il film sarà distribuito in sala in autunno da I Wonder Pictures e trovate QUI la nostra recensione dall’ultima Cannes, dove il film è stato tra i nostri colpi di fulmine e colpi al cuore

Protagonista di un incontro con la stampa a Biografilm, Gondry ha toccato anche diversi temi in relazione al suo lavoro e alla sua ultima opera, che vi riportiamo integralmente di seguito, sotto forma di botta e risposta. Come d’abitudine, le risposte dell’autore, che possono sembrare apparentemente strampalate, sono in realtà cariche di piccole e folgoranti accensioni filosofiche

Il film viene descritto da Cannes come l’apoteosi di ciò che per lei è autobiografico e coincide col fare cinema. Come ha adeguato la sua visione al mercato? 

In realtà il vero protagonista non è il modo in cui io faccio i miei film e faccio cinema, anche se effettivamente di questi elementi ne ritroviamo eccome nella pellicola. Questo film rappresenta o è pensato per rappresentare una parte abbastanza breve della mia vita, in cui ho lavorato alla post-produzione di questo film che si è presentato come un “problema mortale”. Il che mi ha spinto a comportarmi in modo diverso da quello che avrei fatto fino a quel momento, esplorando tantissime piste e possibilità, e uscendo dunque dal tracciato personale di quello che ero io come persona. Non direi che mostra come io lavoro e faccio cinema, ma mostra come vado a creare nuove idee da inserire all’interno dei miei film. Volevo mostrare, in questa parentesi della mia vita, come mi sono comportato in questa parentesi anomala che ha coinciso con la post-produzione cui accennavo.

 

Come si pone coi comportamenti del protagonista?

Il film è fatto anche per criticarli e sono effettivamente atteggiamenti che io ho portato avanti prima e dopo la post-produzione di Moon Indigo, che è durata cinque mesi, mentre il film in italiano si chiama Mood IndigoLa schiuma dei giorni (L’Écume des jours, in original e francese). Voglio chiarire che non lavoro così di solito, ho un ottimo rapporto sul set con tecnici e creativi. Di solito le nostre riprese sono molto calme, non ci sono grandi critiche: da quel punto di vista non mi rappresenta, è solo una critica. 

Nanni Moretti ha partecipato quest’anno a Cannes con un film che, proprio come il suo, è un meta-film, ovvero Il Sol dell’Avvenire. Come si rapporta monsieur Gondry con Moretti e in generale con il cinema italiano?

Conosco personalmente Nanni Moretti, ho visto alcuni dei suoi film: devo dire non tutti, devo dire non molti. Non potrei dire di essere influenzato da questo regista, ma posso dire che quando noi registi portiamo in scena noi stessi facciamo una sorta di autoritratto che potrebbe fare un pittore. Non per narcisismo, ma perché conosciamo un tema che possiamo trattare da varie angolature, avendo tantissimi dati di prima mano. Possiamo mettere insieme tante incongruenze, analizzandole, e a ragion veduta: può succedere che un pittore non abbia trovato la modella giusta e si mette lui stesso allo specchio, tanto lui è sempre presente a se stesso. Questa tipologia di film ci permette di parlare di noi stessi e possiamo essere anche molto onesti con noi stessi, avendo molto materiale da cui partire. 

Come vede un autore come lei la sfida o la problematica di rapportarsi con la nuova tecnologia o addirittura con l’intelligenza artificiale?

In realtà io ad oggi non prevedo progetti sull’I.A. Sul tema posso dire che se ne sta parlando da diverso tempo, come di una entità che permetterà un’ulteriore controllo da parte di determinati esseri umani su determinati esseri umani. Molti ne parlano come di un’entità astratta, che controllerà tutti gli uomini e si impadronirà delle nostre vite. Io non penso che sarà questo, come dicevo prima secondo me piuttosto verrà utilizzata come strumento da determinate persone per avere un maggiore controllo su altre persone.

Cosa pensa che comporterà, su scala globale? 

Poco prima di venire qui in Italia stavo ascoltando un’intervista in cui si spiegava che in Cina esistono già determinati casi di aziende in cui il datore di lavoro utilizza dei sistemi di intelligenza artificiale per intravedere o leggere parzialmente i pensieri dei propri dipendenti: se vogliono andare in bagno, se sono concentrati sul posto di lavoro. Temo che l’I.A. prenderà questa strada, venendo usata non per il bene dell’umanità ma per quelle persone che vogliono controllare gli altri o fare ulteriori profitti. Come Internet, avrà ramificazioni imprevedibili, cambiando allo stesso modo la società. 

Cosa pensa del lavoro di Ennio Morricone? E come lavora alle colline sonore? 

Mi troverei in imbarazzo a commentare il lavoro di Ennio Morricone. Di solito si parte da un’idea e un metodo che si testa, per vedere se ha valore e porta dove vogliamo andare. Se si parte da un’idea, si applica e si vede come dura nel tempo. Penso fosse John Cage, un musicista del XX secolo, che partiva da una struttura molto rigida per creare la propria musica, pre-organizzata. Era organizzata in sotto-fasi che con la struttura più generica andavano a creare la sua musica. Indipendente dalla struttura o dal metodo che si applica si può fare il contrario di quello che faceva John Cage, ovvero avere una struttura più aleatoria, con sotto-organizzazioni che la fanno uscire e venir fuori. E può funzionare perfettamente così. 

Cosa pensa dei registi in generale? 

Ogni regista, ogni artista lavora a modo suo, ha il suo metodo. Però credo ci sia una cosa che li accomuna: una volta che hanno la propria idea la portano avanti fino in fondo e non cambiano mai strada a metà, deviando dal percorso di realizzazione suggerito dalla loro idea e dal loro lavoro. Questo è quello che posso dire. 

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Foto: Biografilm Festival 

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