L’indipendente Jeff Nichols alle prese con la fantascienza ma senza rinunciare alla sua identità di autore
Un bambino nel retro di una macchina immersa nel buio. È da questa immagine che è partito Jeff Nichols, regista americano indipendente beniamino dei festival di tutto il mondo, per costruire il suo nuovo film, un’esplorazione del genere fantascienza sulle orme di Carpenter e Spielberg che vede nuovamente protagonista il suo attore preferito, Michael Shannon. È lui Roy il padre di quel bambino speciale, di nome Alton, capace di captare e decifrare onde radio e messaggi militari, un’arma per l’esercito, un “salvatore” per i membri di una setta di cui Roy è stato parte e da cui ora lo ha sottratto con l’aiuto di un amico di infanzia (Joel Edgerton). È la loro fuga notturna (Alton non può essere esposto ai raggi del sole, o così si pensa) a segnare le tappe della pellicola, giocata, per espressa volontà del regista «come un esperimento per vedere fino a che punto si poteva spingere la sottrazione di informazioni senza pregiudicare la struttura e la comprensibilità della storia». Nessuno dice più dello stretto necessario (lasciando molte domande aperte allo spettatore) e i personaggi scompaiono dal racconto una volta che hanno giocato il loro ruolo nell’unica storia che conta, che è quella della relazione tra il piccolo ed eccezionale Alton e i suoi genitori.
Suo padre, che vive spinto dalla missione di proteggerlo, e sua madre (una bravissima Kirsten Dunst) che è la prima a capire che forse dovrà lasciarlo andare. Già, perché nella tradizione di Starman, E.T. e Incontri ravvicinati del terzo tipo (che Nichols omaggia anche in molte scelte visive), Alton racchiude un mistero che si svelerà, almeno in parte, solo al termine del suo viaggio nel punto di incontro con un mondo altro a cui il piccolo appartiene. Come in Take Shelter e in Mud, Nichols mette i suoi personaggi alla prova nell’azione (che in questo film, tra inseguimenti, sparatorie ed effetti speciali di certo non manca), ma è prima di tutto il nodo emotivo del racconto a rendere unici i suoi film.
Per Nichols, che ha scelto volutamente di misurarsi con un genere specifico, il modello di Spielberg è quello di «un racconto in cui si percepisca continuamente il senso del mistero, capace a un certo punto di trasformarsi in meraviglia ». Questo, insieme all’urgenza di sublimare la propria angoscia di padre di fronte al legame, profondo e terribile, che lo lega al figlio che sa di non poter proteggere da ogni pericolo, sono le fonti di ispirazione per un film che sorprende e conquista prima di tutto per le grandi interpretazioni di tutti gli attori. I quali da parte loro riconoscono al regista, nelle parole della Dunst «la capacità di creare un’atmosfera sul set, che aiuta a entrare nella storia, di trasmettere una visione e così renderci tutti parte del film ancora prima che esso esista».
Con Midnight Special Nichols esce dal “recinto” della cinematografia indipendente senza perdere il suo tocco e la sua sensibilità e aggiunge una tappa sempre più interessante a un percorso capace di toccare, partendo da un’esperienza molto personale, le corde più profonde dell’esperienza umana.
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