Derive e decadenza dell’universo 2.0, ormai incontrollabili. C’era una volta una sorta di intoccabilità dell’autore, di venerazione per chi metteva a disposizione del pubblico il proprio genio e talento, ma da una quindicina d’anni a questa parte con l’avvento di Internet e dei social il rapporto tra creatore e fruitore si è praticamente invertito e stessa sorte è toccata – parlando del nostro specifico ambito – anche agli attori, vittime di attacchi violentissimi sul Web da parte dei fan.
L’ultimo episodio in ordine cronologico è successo ieri a Daisy Ridley, la Rey di Star Wars: il risveglio delle Forza, costretta ad abbandonare il suo profilo Twitter dopo essere stata insultata dai fan. La ragazza, che tra l’altro a giudicare dalle video-interviste e dal basso profilo mi sembra essere personcina piuttosto umile e dolce, si era limitata ad esprimere vicinanza nei confronti delle persone uccise da armi da fuoco, diffondendo su Instagram l’hashtag #stoptheviolence; ed ecco partire una ridda di commenti che le davano dell’ipocrita, invitandola a tacere perché in Star Wars le armi si usano eccome. Motivo per il quale l’attrice ha abbandonato il social e a nulla sono valse le suppliche a John Boyega perché la convincesse a tornare.
Ma si tratta, come dicevamo, solo dell’ultimo attacco violento a una celebrità. La povera attrice afroamericana Leslie Jones del reboot al femminile Ghostbusters si è dovuta sorbire l’incarognimento degli hater contro l’Acchippafantasmi rosa, che l’hanno infamata con insulti razzisti e sessisti di ogni genere, tanto che il regista Paul Feig è dovuto intervenire in sua difesa e anche lei si è “dimessa” da Twitter.
«Sarebbe adorabile! Sarebbe divertente! – ha spiegato Joss Whedon in un recente incontro al Comic-Con in cui un ammiratore gli chiedeva di tornare sui social – avere un dialogo con i fan. Se non fosse che il fan a un certo punto ti dice: Quando posso ucciderti? Questo è meno divertente e alla fine interrompi la conversazione». Il regista dei primi due Avengers ha lasciato i social dopo essere stato accusato di aver dipinto Vedova nera in modo sessista e misogeno, ma ha chiarito di essersene andato non perché i commenti sono stati troppo cattivi con lui, quanto come risposta a questa nuova era in cui il fan si sente autorizzato a sindacare la sua opera, quasi fosse una sua proprietà.
Ha spiegato ancora meglio la questione lo scrittore Neil Gaiman, al Comic-Con per promuovere l’adattamento del suo romanzo American Gods: «È un fatto. Non è di per sé un cattivo fatto. È la cosa che ha permesso a Star Trek di andare avanti, così come a Doctor Who. I fan sono anche creatori. Chiedono che una saga prosegua e lo ottengono. Per la maggior parte del tempo è grandioso, ma quando l’equilibrio viene a mancare si va a finire in una zona molto strana, in cui per il semplice motivo di aver comprato un romanzo o di guardare la tua serie tv, credono tu sia loro debitore». E infatti Gaiman tempo prima era dovuto intervenire sul proprio sito per placare i fan impazziti di George R. R. Martin, che pretendevano sfornasse i suoi libri del Trono di spade nei tempi congeniali a loro e non a lui e alla sua ispirazione «George R.R. Martin non è la vostra puttana. È importante da sapere, una cosa utile da rimarcare nel caso vi trovaste a pensare che George sia davvero la vostra puttana», ha ribadito lo scrittore.
Come si dice dei milanesi, insomma, il fan spende e pretende, infischiandosene del rispetto dovuto nei confronti di chi ha messo tutto se stesso in un’opera. E guai a toccargli un oggetto di culto, perché come dice sempre Gaiman: «Viviamo nella cultura dell’iperbole. Tutto è “la migliore o la più grande cosa di sempre”. “Questo è il più grande film di sempre e chiunque non è d’accordo con me sbaglia”.
E prova ulteriore ne è il fatto che proprio nei giorni scorsi sia stata lanciata una petizione contro Rottentomatoes, il sito americano che raccoglie le recensioni dei più autorevoli critici in circolazione nel Nord America, per aver raccolto un tot di recensioni non esattamente positive nei confronti di Suicide Squad (qui la nostra recensione) e Batman v Superman, definito un malevolo sito anti-DC, quando invece Rottentomatoes appartiene al gruppo Time Warner. E a proposito di BvS, anche noi sulla pagina Facebook di Best Movie ci siamo presi i nostri begli insulti, non per aver parlato male del film di Snyder (cosa che mai abbiamo fatto), ma per aver riportato le critiche altrui o notizie in cui si parlava del dissenso nei confronti del film o delle manovre di Warner/DC per evitare con Justice League l’insuccesso di Batman v Superman. Fan che ci hanno accusato di essere prezzolati dalla Disney per parlare male della Warner e dei film DC.
E ancora: ci sono quelli che pretendono che diventi legge la loro lettura di un’Elsa di Frozen lesbica a cui vada trovata una fidanzata o che esigono un Captain America gay, ma non appena gli studios si muovono nella direzione di dar vita a film con meno differenze di genere e confezionano un reboot al femminile di Ghostbusters insorgono incavolatissimi. Ha fotografato bene la situazione il regista di Suicide Squad, David Ayer, che in un articolo del Los Angeles Times – ha paragonato Internet e i social all’arena degli antichi romani, al pollice in su e in giù per decidere della vita dei gladiatori. Si salvi chi può!
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