Nell’ultima giornata della Festa del Cinema di Roma 2024 arriva anche il momento fatidico della presentazione di Modì – Tre Giorni sulle Ali della Follia, il secondo film da regista firmato Johnny Depp, arrivato a quasi trent’anni di distanza dal primo The Brave, Il Coraggioso. Ma se la tra i giornalisti e gli appassionati di cinema accreditati a Roma Film Festival c’era chi attendeva con ansia la conferenza stampa per conoscere lo stato d’animo del regista, e magari domandare se considerasse il film come una forma di rinascita e riscatto dopo il clamore suscitato dal processo per diffamazione, intentato e vinto da Depp contro l’ex moglie Amber Heard, la conferenza inizia invece con una brutta delusione. Il regista di Modì, assente a causa di un ritardo del suo aereo per la capitale, invia le sue più sentite scuse. Arriverà in tempo per il red carpet e per la premiére serale aperta al pubblico, ma per quanto riguarda la conferenza, autorizza il suo Amedeo Modigliani, Riccardo Scamarcio, a rispondere anche per suo conto. Sarà allora il protagonista di questo biopic assolutamente sui generis – un ritratto d’artista costruito attraverso tre simboliche giornate, vissute a Parigi nel 1916, nel pieno della Prima Guerra Mondiale – ad introdurci nei meandri di questa complessa sfida cinematografica. E come sempre, Scamarcio si conferma un attore particolarmente attento e generoso, quando si tratta di raccontare la genesi, i retroscena e la lavorazione del film, senza mai prendere la scorciatoia dei ringraziamenti e le dichiarazioni standard.
Modì – Tre Giorni sulle Ali della Follia arriva al cinema il prossimo 21 novembre con Be Water Film, Maestro Distribution e Medusa Film. Ed ecco come Riccardo Scamarcio ripercorre questa rocambolesca avventura fin dal principio: «Il nostro primo incontro in realtà è avvenuto in in un Autogrill. Ero fermo in una Stazione di Servizio mentre lui era nel suo ufficio a Londra e abbiamo fatto questa Zoom call che è durata un’ora e un quarto. Io avevo la tata e mia figlia in macchina, stavo viaggiando ed erano le dieci di sera, l’appuntamento era alle sette ma anche quel giorno l’aereo aveva fatto tardi». Non sarà certo questo l’ultimo ma solo il primo di molti cambi di programma, virate e sterzate improvvise, piccole e grandi sfide che Johnny Depp, Scamarcio e gli altri interpreti del cast dovranno affrontare – dalla star di Emily in Paris e The White Lotus 2 Bruno Gouery nella parte del pittore e amico Maurice Utrillo, ad Antonia Desplat nella parte della giornalista e scrittrice femminista Beatrice Hastings, uno dei due grandi amori di Modigliani, per arrivare alla nostra Luisa Ranieri nel ruolo di Rosalie Tobia, la modella e cuoca italiana che aveva aperto l’osteria Chez Rosalie (e che quasi ogni giorno regalava alcool e cibo a Modì e i suoi amici senza un soldo).
«Nello spirito dell’atto creativo in qualche modo c’è il fatto di uscire fuori da una gabbia, fare le cose e trovare una dimensione più più autentica, più libera. Questo rapporto che è nato tra me e Johnny è stato così. Per farvi capire per essere un po’ più pratico: il primo giorno di riprese è arrivata un assistente alla regia del mio trailer. Mi ha detto scusandosi profusamente che Johnny aveva riscritto interamente la scena e che mancava solo un’ora prima che cominciassimo a girare. Io mi sono detto, ma questo è il paradiso! Manco l’altra ho imparato! Ha fatto il film veramente in uno scambio continuo, non solo con me ma anche con tutti gli altri attori. Un divenire continuo, sempre pronti ad accogliere gli imprevisti. Devo dire che per me è stata un’esperienza incredibile, perché chiaramente io sono un fan di Johnny, lo ritengo un artefice più che è un attore. Il fatto di incontrare una persona come lui, e che in qualche modo mi confermasse tutto quello in cui ho creduto, investito in questi anni, come attitudine, come atteggiamento al lavoro, mi ha fatto ricordare perché amo questo mestiere. Per la voglia di arrivare ad un passo dal baratro, chiaramente in senso metaforico. Altrimenti uno sta sempre lì a proteggersi, a fare il compitino. Questo film l’ho fatto perché avevo al mio fianco un grandissimo artista, che è anche un regista che si fidava di me, e che mi ha fatto sentire amato».
Foto: Daniele Venturelli/WireImage
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