Il mondo delle storie che ci appassionano tanto, siano esse cinematografiche o “televisive”, sta cambiando. Siamo nel pieno di una rivoluzione, che è soprattutto tecnologica e che cambia giorno per giorno il nostro modo di consumare “entertainment”, così come quello in cui lo spettacolo viene prodotto, pensato e distribuito. Già nello scorso numero – con il nostro approfondimento Serial Revolution e le interviste allo showrunner di Gomorra – La serie Stefano Sollima, Kiefer Sutherland, interprete di 24, e il direttore artistico di House of Cards – abbiamo cominciato ad affrontare la questione e constatato che i serial tv hanno perso la loro denotazione e non sono più né strettamente seriali né televisivi. Gli episodi vengono messi a disposizione di tutti contemporaneamente – vedi il caso House of Cards su Netflix (ma anche il cosidetto binge watching, ovvero l’attitudine degli spettatori ad aspettare che una serie finisca per vedersela tutta di seguito, è in crescita – secondo Harris Interactive il 73% del pubblico guarda dai due ai sei episodi in una volta) e spesso si vedono su smartphone, tablet o console, non solo sulla tv. “Merito” del digital download legale che finalmente sta prendendo piede anche in Italia. Nel frattempo i cinema monosala scompaiono e fioriscono i multiplex, dove viene distribuito e funziona essenzialmente un cinema super-spettacolare, spesso “seriale” come i Marvel movie o le saghe young adult.
Anche l’Italia non è esente da questo rimescolamento delle carte, e il successo di una serie come Gomorra, venduta in oltre 60 Paesi, con un audience di 700mila spettatori medi (è già confermata la seconda stagione) e considerata qualitativamente più alta di tanto nostro cinema, apre a nuovi scenari: perché non si producono un maggiore numero di film e serie con gli stessi requisiti del prodotto Sky?
Abbiamo cercato di fare un po’ d’ordine coinvolgendo alcuni protagonisti italiani che operano in entrambi gli universi. […]
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