Non rischia mai di annoiarsi, passa da un ruolo all’altro con disinvoltura e curiosità. Pupi Avati ha rivelato al mondo la sua vena drammatica e surreale, che gli ha regalato «un biglietto per una giostra che continua a girare» in tutte le direzioni. Sperimentare, crescere e rinnovarsi sono la sua missione e le imitazioni che lo hanno lanciato si sono trasformate in un hobby. Si racconta a cuore aperto Neri Marcorè, che è esattamente la persona che vi immaginate: limpido, sincero, schietto e arguto. Con un umorismo sottile – quasi inglese, come il suo portamento –, che ha bisogno di essere sempre sollecitato e che lo ha portato su grandi set internazionali. Lo incontriamo, durante la lavorazione dei corti del suo ultimo show televisivo, Neripoppins, in onda il lunedì in seconda serata su Rai3, mentre in sala sta per approdare il suo nuovo film da protagonista, Mi rifaccio vivo, diretto da Sergio Rubini. (Foto Kikapress)
BM: Come sta andando Neripoppins?
Neri Marcorè: «Molto bene. È un programma particolare e ci vuole un po’ per entrare nello spirito. Insomma, non è uno spettacolo da prima serata, ma io preferisco il pubblico che sceglie, non quello casuale».
BM: Il 9 maggio torni al cinema con Mi rifaccio vivo, dove interpreti un ruolo insolito agli occhi del tuo pubblico, sei l’antagonista di Biagio Bianchetti, alias Lillo. Come ti sei trovato nei panni dell’“antipatico” Ottone?
Neri Marcorè: «Ognuno dentro di sé ha tutti gli ingredienti, anche un lato oscuro. E un attore tanto più. Un buon interprete deve essere in grado di fare tutto. Almeno, questa è la mia ambizione: attraversare generi e psicologie dei personaggi. Questa è una commedia un po’ sopra le righe. Il mio personaggio, quindi, va oltre l’interpretazione realistica e questo rende tutto più surreale, più grottesco».
BM: Com’è essere diretti da un regista-attore, come l’autore di questo film, Sergio Rubini?
Neri Marcorè: «Un regista che fa anche l’attore ha più coscienza del lavoro dell’interprete. Anche se poi questo non significa che sia più o meno bravo. Pupi Avati, ad esempio, non ha mai fatto l’attore, ma è uno dei più grandi registi che conosca. D’altra parte un regista-attore può comprendere meglio certe difficoltà interpretative nella costruzione della scena. Al di là del suo background, è stato un vero piacere lavorare con Sergio e osservare il suo approccio».
BM: Com’è iniziata la collaborazione con il regista Sergio Rubini?
Neri Marcorè: «Io e Sergio ci conoscevamo da parecchi anni, anche se superficialmente. Per Mi rifaccio vivo, il merito dell’incontro va al mio “socio in affari” e amico Emilio (Solfrizzi, ndr)».
BM: Con Solfrizzi si è ricostituita la coppia di Tutti pazzi per amore…
Neri Marcorè: «Sì, e dietro c’è una lunga storia. Emilio era stato ingaggiato per un altro film che Rubini avrebbe dovuto girare all’estero. Poi, ha cambiato strategia e ha scelto di realizzare prima una storia italiana e per il casting è ripartito da Emilio, che ha sponsorizzato me perché siamo una coppia rodata. Sergio è un grande affabulatore e ci ha entusiasmati, senza neppure leggere la sceneggiatura, che poi è stata scritta proprio pensando a noi».
BM: Ottone è un imprenditore stressato, soffre di attacchi di panico. Capita anche nel tuo lavoro di dover gestire invidie
e rivalità da parte dei tuoi colleghi?
Neri Marcorè: «Nel mondo dello spettacolo c’è molta meno competizione, credo. Gli attacchi di panico, ad esempio, non so nemmeno cosa siano. L’invidia poi non è un sentimento positivo, a meno che non sia intesa come un sinonimo di ammirazione e che quindi si trasformi in uno stimolo a migliorarsi».
BM: Come affronti, invece, le critiche? So che tempo fa Ligabue non si è dimostrato molto felice di una delle tue imitazioni…
Neri Marcorè:«Non era una vera critica, semplicemente non l’ha presa bene…».
BM: Come scegli le tue “vittime”? Cosa ti colpisce? La gestualità, la voce, le espressioni?
Neri Marcorè: «In realtà ho accantonato le imitazioni. Infatti, ho scelto di non farne in Neripoppins. Intendiamoci, non rinnego niente. Ma attualmente le considero più un hobby».
BM: Come scegli, invece, un film?
«Innanzitutto, mi deve appassionare una storia nel suo complesso. Un personaggio che funziona deve far parte di un impianto forte. Amo i personaggi che nel corso di un film si trasformano. Giudico la bontà di un progetto sia nel generale che nel particolare. È importante che ci sia la possibilità di tirar fuori qualcosa di mio, dare il mio contributo alla storia. Ma tutto deve partire da una scrittura soddisfacente. Sul set si possono solo migliorare cose che già funzionano, ma non si può inventare, né aggisutare qualcosa che non funziona. La sceneggiatura è fondamentale in ogni film».
BM: Dalla tua filmografia si deduce che ami affrontare sfide sempre nuove. Ma qualche volta ti affezioni a un regista, come è successo con Pupi Avati Lui ha scovato la tua vena drammatica?
Neri Marcorè: «Diciamo pure che è stato una specie di mentore per me. Non smetto mai di ripetere la mia gratitudine nei suoi, anzi nei loro confronti, perché anche Antonio (Avati, il fratello produttore di Pupi, ndr) ha avuto la sua parte in questo. È stato addirittura lui a segnalarmi a Pupi per Il cuore altrove. Affidandomi il primo ruolo da protagonista della mia vita mi hanno regalato il biglietto per una giostra che continua a girare».
BM: Vede in te una sorta di alter ego?
Neri Marcorè: «Alter ego non credo, però abbiamo molte cose in comune, in particolare una visione ironica nei confronti della vita. Inoltre, penso che lui apprezzi soprattutto il fatto che io intuisca quello che lui vuole e che riesca a tradurlo, interpretando. Se un regista richiama un attore è perché è capace di restituire attraverso la recitazione il suo pensiero. Lui ricorda sempre, ad esempio, che nel caso di Un cuore altrove, ha dovuto dirigermi solo per la prima settimana e che poi sono andato da solo. Questo consente a un regista di stare più tranquillo».
BM: Si dice che i comici migliori nascondano una vena malinconica dietro la facciata. Ma pare che tu sia un tipo spiritoso anche nel privato…
Neri Marcorè: «Assolutamente. Una sfera non esclude l’altra. Pensa che mentre facevo il servizio militare ho persino imitato il comandante tramite l’altoparlante, suscitando l’ilarità di tutti i miei colleghi».
BM: Hai avuto l’occasione di lavorare anche in produzioni internazionali, come The Tourist. A distanza di qualche anno puoi finalmente svelarci qualche aneddoto?
Neri Marcorè: «La verità è che lì ho lavorato due giorni, ma ho avuto il tempo di ammirare lo sfarzo produttivo degli americani: hanno affittato mezza Venezia! Dall’interno mi ricordo di non aver percepito che fosse un set così blindato, come poi ho scoperto. Il regista (Florian Henckel von Donnersmarck, ndr) era gentilissimo con tutti noi attori italiani, molto rispettoso: non è scontato che sia così. Ho recitato in inglese, ma anche in francese per … Non ci posso credere di Philippe Claudel e pure in spagnolo per un film italiano di Anna Di Francisca (in attesa di distribuzione, ndr). Fare la scuola intepreti mi è servito».
BM: Da ragazzo già pensavi di intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo?
Neri Marcorè: «In realtà, è tutto nato per caso, quando nel ’90 ho partecipato alla trasmissione per imitatori Stasera mi butto».
Attore di cinema e teatro, imitatore, showman televisivo, doppiatore. Sembri impegnatissimo, ti resta del tempo libero?
(Ride) «Sì, è vero, sono impegnato, ma nessuno mi frusta. Lo faccio perché mi diverto. Quando sono libero c’è soprattutto la famiglia e tutto quello che presuppone; poi tennis, chitarra…».
BM: Diversamente da molti tuoi colleghi, sei riuscito a preservare la tua vita privata. La tua famiglia, invece, partecipa alla tua vita pubblica?
Neri Marcorè: «Mi piace molto che siano coinvolti e che siano parte attiva. Ma non condivido l’esibizione della famiglia».
BM: Tu, in un certo senso, fai un po’ parte di tutte le famiglie italiane. Con gli spot della Tim sei entrato nelle nostre case. Ma cosa si prova a interpretare un eroe italiano, mentre il Paese va a rotoli?
Neri Marcorè: (Ride) «Tutti loro hanno vissuto in periodi in cui l’Italia era considerata diversamente…».
BM: C’è spazio oggi per nuovi eroi?
Neri Marcorè: «Spazio ce n’è sempre. Beppe Grillo, ad esempio, potrebbe essere un eroe, ma forse sceglie di non esserlo».
BM: Tu ti getteresti in politica?
Neri Marcorè: «Ci sono molti modi di fare politica. Sostengo le mie idee e le diffondo attraverso il lavoro che faccio. Dal teatro civile al supporto ad eventi e associazioni che hanno scopi sociali».