Divertentissimo e cattivissimo Verdone
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Divertentissimo e cattivissimo Verdone

Per parafrasare la battuta di un altro celebre film del grande regista e attore romano, Compagni di scuola “po’ esse fero e po’ esse piuma”

Divertentissimo e cattivissimo Verdone

Per parafrasare la battuta di un altro celebre film del grande regista e attore romano, Compagni di scuola “po’ esse fero e po’ esse piuma”

Il più grande limite di Compagni di scuola, film del 1988 scritto (assieme a Piero De Bernardi, Leonardo Benvenuti e Rossella Contessi), diretto e interpretato da Carlo Verdone, è probabilmente quello che il grande autore romano gli ha imposto nel descriverlo ai giornalisti dell’epoca, definendolo come un Grande freddo all’italiana. Perché se è vero che le due pellicole hanno alcuni tratti di fondo in comune a livello di spunto narrativo (il ritrovarsi di un gruppi di amici e conoscenti dopo un lungo periodo di allontanamento), di costruzione drammatica (l’opera corale) e di scelte musicali (più o meno facili e nostalgiche), è pure vero che, per molti più tratti, divergono, spesso in maniera antitetica.

Se Il grande freddo di Lawrence Kasdan rappresenta uno sguardo disilluso e crepuscolare sui sogni infranti di una generazione alla deriva ed è anche un film pieno di rimpianti, malinconie, ha comunque nel suo nucleo uno spirito nostalgico. I suoi protagonisti rimpiangono la loro giovinezza, la loro amicizia, quello in cui credevano e in cui non credono più e quelli che erano, ma che non sono più.

Il grande freddo ci racconta che, per quanto possiamo essere giovani e belli, poi il mondo e la vita ci spezzeranno, costringendoci al compromesso, all’ipocrisia e, in molti casi, al fallimento. Compagni di scuola parte da un presupposto del tutto diverso. Non c’è nostalgia nello sguardo dei suoi protagonisti. Il mondo della loro gioventù, e loro stessi, non erano migliori che nel presente. Il mondo passato di Compagni di scuola è un mondo brutto e pieno delle stesse cose del presente raccontato. Se Il grande freddo ci dice che il tempo ci cambia e ci rende peggiori, Compagni di scuola afferma invece che il tempo non ci cambia per nulla (tranne nel caso del povero Fabris) e che, se oggi appariamo come degli egoisti, deboli, squallidi, miserabili e stronzi, è perché anche da ragazzi eravamo tali. E se invece appariamo meglio di allora, è solo una facciata e basta pochissimo per far riemergere vecchie dinamiche e comportamenti tossici.

 

Con una certa distanza temporale, oggi si può dire che Compagni di scuola sia più universale, che sia più capace di parlare a tutti e che abbia retto meglio il passare degli anni rispetto al (pur bellissimo) film di Kasdan, che invece è più strettamente legato a un tempo e a una generazione specifici. Ma non solo, il grande merito di Verdone è quello di aver costruito un film spietato e durissimo, nascondendolo dietro a dei paraventi di irresistibile comicità.

È un film che fa ridere Compagni di scuola, e anche molto (non a caso, tantissime delle sue battute sono diventati tormentoni usati da chiunque, specie a Roma), ma che, mentre ti diverte, ti prende a pugni nello stomaco, a calci nella schiena e a schiaffi in faccia. “Sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma” diceva Mario Brega in Bianco, rosso e Verdone. Ecco, Compagni di scuola è tanto “fero” quanto “piuma” ed è in questo difficilissimo equilibrio che trova la sua straordinarietà. Verdone gira il film a trentotto anni, piazzando un colpo degno del miglior Monicelli, il suo capolavoro e il suo film più maturo e misurato in tutti gli elementi. Quasi inutile dire che, per farlo, si avvale di un cast di attori straordinari, tra cui un Christian De Sica a cui affida non solo alcuni dei momenti più grotteschi, difficili e brutali del film, ma a cui fa anche recitare la battuta più dolorosa della pellicola (e anche quella che la chiude): Tony Brando (De Sica), dopo essersi umiliato in ogni maniera possibile ed essere stato trattato letteralmente come un cane dai suoi vecchi “amici” del liceo, si accomiata da Er Patata (interpretato dallo stesso Verdone), dicendogli: “Oh, comunque, se rifate una cosa, io ci sto sempre, un colpo di telefono… va bene?”.

Un ultimo colpo da maestro, un ultimo sorriso, un ultimo schiaffo. E poi i titoli di coda.

 

3 MOTIVI PER DEFINIRLO UN CLASSICO

  • Uno script eccezionale, pieno di gag fulminanti e momenti durissimi
  • Le interpretazioni di un cast in stato di grazia
  • Ogni dialogo su Fabris

 

Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica (3) 

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