Notorious - l’amante perduta
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Notorious – l’amante perduta

Non sarà che a forza di definirlo “un classico” finiremo per spaventare il pubblico? Perché tra tanti film che si meritano questa etichetta, il capolavoro di Hitchcock resta uno dei più perfettamente “pop” anche oggi

Notorious – l’amante perduta

Non sarà che a forza di definirlo “un classico” finiremo per spaventare il pubblico? Perché tra tanti film che si meritano questa etichetta, il capolavoro di Hitchcock resta uno dei più perfettamente “pop” anche oggi

Parlare di Notorious – L’amante perduta, indiscusso gioiello della filmografia di Alfred Hitchcock targato 1946, mi torna utile per riflettere su una delle molte questioni che mi assillano da quando ho iniziato a scrivere questa rubrica e che sarebbe: i “classici” sono ancora materia viva, nella nostra vita, o rappresentano qualcosa che possiamo amare e studiare per arricchirci ma ormai tagliati fuori dal discorso del presente? In sintesi: fareste vedere Notorious a qualcuno solamente perché è un grande film, qualcosa che vale la pena vedere semplicemente per passare una bella serata? Oppure, nonostante la qualità dell’opera, la sua fruizione è ormai relegata esclusivamente a un contesto di arricchimento culturale, in qualche maniera impegnativo e impegnato? Rispondere a questa domanda non è semplicissimo.

Partiamo da un elemento importante: Notorious è un film seminale per lo sviluppo del cinema moderno e un punto di riferimento ancora attuale (e direi, imprescindibile) per chi i film li concepisce e li realizza. Prendete la sua struttura e aggiungeteci due o tre scene d’azione e avrete un perfetto Mission: Impossible o un  nuovo  James Bond.  Esaltatene il meccanismo della tensione e dell’inquietudine, e vi ritroverete per le mani un film da far girare al Fincher di Gone Girl.

Concentratevi sulla questione etica e morale, e avrete pane per i denti di Ozon. Sottolineatene l’ambiguità del rapporto sentimentale, e vi tornerà in mente Kim Ki-Duk. La perfezione formale,   la   purezza del linguaggio, la complessità dei sentimenti e la ricchezza narrativa creata da Hitchock e dai suoi sceneggiatori (Ben Hecht e il non accreditato, ma fondamentale, Clifford Odets) è tale che basta anche solamente un  “pezzettino” di Notorious per dar vita a un intero film autonomo. Ma questa è una ragione sufficiente per dire che si tratti, ancora, di un film che parla al presente? E qui entra in gioco la grammatica cinematografica del racconto.

Stiamo parlando di Hitchcock, cioè di uno che era praticamente programmato geneticamente per saper tener desta l’attenzione del pubblico e che in Notorious è riuscito a creare uno dei momenti di massima tensione del suo cinema semplicemente utilizzando delle bottiglie di champagne… quindi, sì, il film regge magnificamente la prova del tempo, sotto questo punto di vista.

Inquadrature straordinarie e anomale, ritmo ingannevolmente disteso ma implacabile, costanti motivi d’interesse sulle schermo, un finale essenziale, anticlimatico e modernissimo, che spiazza eppure riconcilia. E i temi?

Saranno invecchiati almeno i temi? Il film, sostanzialmente, parla di una donna in un mondo di uomini, che viene manipolata in ogni modo e maniera. Direi che siamo ancora e pienamente nella modernità.

I due protagonisti, allora. Loro, almeno, saranno fuori tempo massimo, o no? No. Perché l’intensità e la bellezza di Ingrid Bergman sono, semplicemente, senza tempo. E perché Cary Grant, nel ruolo dello spregevole T.R. Devlin, è, molto semplicemente, la versione originale di quel tipo di mascolinità rappresentata in anni recenti dal Don Draper di Mad Men.

Quindi, per quale ragione dovrei avere qualche dubbio sull’effettiva presa- sul-presente di un capolavoro simile? Per nessuna, a parte la maniera in cui lo raccontiamo. Perché il continuare a dire che Notorious è un imprescindibile classico del cinema (e lo è, non ci sono dubbi) non aiuta a “venderlo” a chi vuole soltanto vedere un film per svagarsi e intrattenersi.

E così, una delle pellicole meglio concepite, scritte, girate e interpretate da un regista che ha sempre voluto fare film popolari, diventa un “oggetto sacro” da riporre dentro una teca, in attesa che uno trovi del tempo di qualità per dedicarsi a lui in maniera “seria”. Ecco, non fatelo. Andate a casa, cercatelo su Amazon Prime Video e guardatevelo come guardereste l’ultimo blockbuster della Marvel. Magari con un bel cestello di popcorn davanti.

Vi divertirete moltissimo.

3 motivi per definirlo un classico:

– la sceneggiatura perfettamente essenziale che, con pochissimo, ottiene il massimo.

– la splendida fotografia di Ted Tetzlaff.

– l’incredibile struttura della scena del ricevimento, con le sue bottiglie di champagne.

 

 © RKO rodeo Pictures, Vanguard Films

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