Può un film uscito nella seconda parte degli anni dieci del ventunesimo secolo essere già ritenuto un classico senza tempo? Mad Max: Fury Road o Dunkirk ci dimostrano di sì. E anche lo Shin Godzilla di Hideaki Anno e Shinji Higuchi, trentunesimo film dedicato al lucertolone atomico, non fa che corroborare questa tesi. Uscito nel 2016, Shin Godzilla rappresenta il primo lungometraggio di epoca Reiwa sul personaggio e un reboot generale della saga, oltre a essere la più rappresentativa e autoriale opera dedicata al mostro gigante sin dalla sua prima incarnazione cinematografica del 1954, figlia del genio di Ishirō Honda. Immagino che i meno avvezzi di voi al mondo dei Kaijū movie, si staranno chiedendo cosa possa avere di speciale questa pellicola che, in fondo, è solamente uno dei tanti film dedicati a dei mostri giganti che se ne vanno a passeggio su una qualche grande metropoli, tipici della cinematografia giapponese. Diciamo che in parte è vero, ma esistono Kaijū movie e Kaijū movie, e se gran parte delle produzioni di questo genere non sono altro che delle (talvolta godibilissime e meravigliosamente realizzate) opere di puro, gioioso e distruttivo intrattenimento, in qualche caso (raro), dietro al costume di gomma c’è parecchio di più. Questa sostanziale differenza si avverte sin dagli albori del genere, quando la seminale opera di Honda del 1954, una brillante, drammatica e dolorosa metafora degli orrori di Hiroshima e Nagasaki, trova un suo primo sequel che ne alleggerisce i toni, trasforma Godzilla in un difensore della Terra e non più in una spietata minaccia, e inventa quel “wrestling tra mostri giganti” che poi sarà un tratto distintivo di gran parte delle produzioni successive legate al Re dei mostri e ai suoi emuli. Nell’accettare (non senza varie titubanze) il prestigioso incarico di rilanciare Godzilla per la nuova era, Anno e Higuchi si sono posti da subito l’obiettivo di rifarsi al progenitore originale, tornando quindi a raccontarci di un mostro gigante sorto dal mare al largo di Tokyo come di una forza distruttiva e non protettiva per il genere umano, capace di rappresentare qualcosa di più complesso. Nasce quindi Shin Godzilla, un’opera che integra al suo interno le ossessioni tipiche di Anno e Higuchi (che, tra le altre cose, sono il papà e la mamma di Neon Genesis Evangelion), ma che si fa anche spietata analisi del disastro nucleare di Fukushima Dai-ichi, del 2011, e feroce critica al governo giapponese. Così, per lunghi tratti della pellicola, tutto il focus narrativo non è dedicato al mostro gigante ma a come il sistema politico in ogni suo reparto, ufficio, figura istituzionale, reagisce all’avvento del mostro e alla crisi. Ci vuole poco per capire il tono e il senso da teatro dell’assurdo che Anno e Higuchi sviluppano, mettendo in scena le assurde lungaggini istituzionali e burocratiche giapponesi, l’incapacità di capire la minaccia e poi di affrontarla in maniera adeguata, salvando la popolazione e il Paese. L’inadeguatezza del Primo ministro, l’ottusità dei suoi più stretti collaboratori, l’infinita e bizantina catena decisionale, le pesanti ingerenze dei governi esteri (specie quello USA), sono raccontati dai due registi con impietosa ferocia e ironia. A fare da contraltare a questi elementi, da una parte la gloriosa purezza naturale di un Godzilla mai così spietato, dall’altra la forza di quella working class giapponese che, nonostante una classe politica del tutto inadeguata e criminalmente pusillanime, riesce a unirsi e a fronteggiare la minaccia, pronta al massimo sacrificio possibile in nome di un bene comune. Un film fatto, insomma, principalmente di dialoghi e di scene d’ufficio, che però sorprende e atterrisce quando invece si apre alla spettacolarità, mostrando la distruzione portata dal mostro gigante in vari momenti di straordinaria potenza evocativa (che rimandano, ovviamente, al già citato Evangelion) in un gioco di contrapposizioni straordinariamente riuscito ed efficace. E, su tutto, la straordinaria, cupissima colonna sonora di Shiro Sajisu (altro collaboratore storico di Anno e Higuchi). In conclusione, Shin Godzilla è un film capace di riportare il mostro gigante alla caratura drammatica originale più significativa, raccontando il nostro mondo presente, senza rinunciare alla sua carica più visionaria, un classico istantaneo che cancella decenni di produzioni vuote o sin troppo giocattolose e che si pone al fianco del suo padre spirituale senza alcun complesso di inferiorità. Un film magnifico e uno dei pochi capolavori del cinema recente.
3 Motivi per definirlo un classico
– La potenza visiva della sua messa in scena
– La capacità di farsi metafora del presente ma anche racconto universale
– La sua colonna sonora
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