Todd Field non è certamente un regista particolarmente prolifico, visto che nell’ultimo ventennio, dal 2001 al 2022, ha diretto solo tre film, per quanto tutti apprezzati dalla critica e altrettanto significativi: In the bedroom, Little Children e l’ultimo, Tár, tra i titoli di punta dell’ultima stagione dei premi e con protagonista Cate Blanchett nei panni di una direttrice d’orchestra.
Field, a dispetto delle 6 nomination all’Oscar (miglior film, regista, attrice protagonista, sceneggiatura originale allo stesso Field, montaggio a Monika Willi, fotografia a Florian Hoffmeister, nessuna delle quali trasformata in statuetta dorata), ritiene tuttavia che possa trattarsi del suo ultimo film.
«Fare un film, a prescindere dalla portata dello stesso, è sempre una sfida. Non è per i deboli di cuore. Mi ci vuole un notevole sforzo per fare un film. Non so se ne farò mai un altro – ha detto il regista, aggiungendo poi, riguardo all’eventualità che quello visto lo scorso anno in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia possa essere il suo ultimo film – Sì, penso di sì. Non ci avevo pensato prima d’ora. È altamente probabile».
La sinossi del film recita:
Lydia Tár, direttrice d’orchestra, compositrice, vive a Berlino dove dirige la Filarmonica, ed appartiene alla ristrettissima cerchia dei musicisti che hanno vinto Oscar, Emmy, Grammy e Tony Award, cioè tutti i premi musicali più prestigiosi dell’industria culturale americana. Si appresta a incidere l’unica sinfonia di Mahler che ancora manca al suo curriculum – il coronamento di una carriera, la chiusura di un cerchio artistico – e a posare per la copertina di un cofanetto della Deutsche Grammophon che le raccoglierà tutte. Fa la spola tra l’America e l’Europa, partecipa a eventi di beneficienza, viaggia su aerei privati, vive in una casa-museo, severa e moderna, che ne rispecchia il carattere ambivalente.
Lydia Tár è una donna di potere, lo esercita e ne beneficia con l’impudenza dei geni conclamati, lo sfrutta per sedurre le giovani orchestrali con cui lavora o a cui fa intravedere la possibilità di una carriera, lo adopera per ottenere soddisfazione, in ogni forma. E lo fa anche nell’epoca del #MeToo, rispetto ai cui sommovimenti si sente protetta per una mera questione di genere. Ma in piena economia reputazionale, le conseguenze delle proprie azioni finiscono sempre per scovarti: più in alto stai e più in fretta le cose precipitano.
Foto: Getty (David Livingston/Getty Images)
Fonte: Cinema Scope
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