«Non sono un tipo da Twilight»
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«Non sono un tipo da Twilight»

Presto In sala con il thriller post-apocalittico The Rover, e protagonista degli ultimi film di Cronenberg ed Herzog, l’ex vampiro si confessa: dal modo in cui “corteggia” i registi ad alcuni problemi di… sudorazione

«Non sono un tipo da Twilight»

Presto In sala con il thriller post-apocalittico The Rover, e protagonista degli ultimi film di Cronenberg ed Herzog, l’ex vampiro si confessa: dal modo in cui “corteggia” i registi ad alcuni problemi di… sudorazione

Ha una camicia di cotone a quadri gialli e verdi. Ha delle sneakers nere con la suola alta, e spessi calzini di cotone. Ha dei pantaloni chiari che sembra indossi da una settimana. Quando parla tiene la testa un po’ inclinata, sbriciola le frasi; improvvisamente alza lo sguardo, fa quel sorriso a mezza bocca e ti fissa come se pensasse: “Ti interessa davvero questa cosa?”. Di tutte le star che può capitarti di incontrare, Robert Pattinson è una di quelle che si camuffa meglio. La sua diversità e il suo potenziale sono in questo fascino sghembo come la sua faccia, da predestinato un po’ strambo. Sembra lì per caso, e per caso famoso, spaesato e divertito, senza compiacimento. Per esempio, parlando della sua scena di sesso con Julianne Moore in Maps to the Stars, è capace di dirti: «Era la prima volta che la incontravo, il mio primo giorno di riprese. A Toronto, dove giravamo, era caldissimo, stavo sudando un sacco. E lei è una di quelle persone assurde che non sudano. Mai. Quindi, pensa che roba, cercavo di non far cadere il mio sudore sulla sua schiena! E dovevo sembrare talmente scemo che lei continuava a chiedermi: “Va tutto bene?”». A 28 anni appena compiuti ha l’aria di trovarsi finalmente in una zona della sua carriera che gli piace. Uscito dalle secche del post-Twilight, si è impegnato a schivare copioni destinati a tenerlo incollato a un’immagine di sé che non riconosce, e sta diventando una presenza fissa del cinema da Festival. Dopo il doppio impegno con Cronenberg (Cosmopolis e Maps to the Stars) ha infatti girato Queen of the Desert di Werner Herzog (sulla vita della leggendaria spia ed esploratrice inglese Gertrude Bell), mentre arriverà in sala in autunno (inizialmente era previsto in uscita proprio questo mese), dopo il passaggio a Cannes, The Rover di David Michôd, giovane autore australiano rivelatosi nel 2010 con il fenomenale noir Animal Kingdom. In quel film era già presente, nel ruolo del poliziotto, Guy Pearce, che in questo nuovo thriller post-apocalittico, tutto girato nell’outback australiano, interpreta un uomo derubato dell’ultima cosa ancora in suo possesso: un auto contenente un segreto. Inizia così un lungo inseguimento dei ladri con al fianco un ragazzo disturbato e confuso, che ha appunto il volto di Pattinson.

Com’è stato girare in Australia con tutto quel caldo?
«Se non avessi dovuto interpretare un personaggio che per copione è sempre sporco e disgustoso, forse sarebbe stato un problema, perché mi sarei dovuto fermare continuamente per asciugarmi o farmi ritoccare il trucco. C’è una scena nel film che ho rivisto da poco. Io e Guy siamo all’aperto, sotto questo caldo soffocante. Non ci siamo molto con la testa, stiamo girando ormai da settimane. Ecco, mi sono reso conto che non eravamo per niente truccati! Le scottature sono vere, semplicemente facciamo schifo. E anche gli occhi stralunati ci sono venuti abbastanza naturali».

Come è stato lavorare con Guy? Ci sono diverse scene molto intense fra voi due.
«È stato fantastico. Il suo personaggio è totalmente diverso da lui, deve costantemente mettere sotto pressione. Mi fa pensare a una sorta di Terminator, con delle fattezze che incutono meno timore. È facile scadere nella macchietta in questi casi, piuttosto che essere veramente terrificanti. È stato strano condividere la scena con qualcuno che doveva essere così manicheo, tutto bianco o nero: ha creato dinamiche molto interessanti». […]

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