Al secondo giorno di Napoli Comicon, all’interno degli incontri della sezione Cartoona (dedicata a film e serie tv), nella sala Italia della mostra d’Oltremare, abbiamo assistito al panel dedicato a Youtopia, il film di Bernardo Carboni in sala proprio in questi giorni.
La giornalista del Corriere della Sera Marina Pierri ha intervistato Matilda De Angelis, che nel film interpreta Matilde, giovane donna che per aiutare la mamma a sbarcare il lunario decide di mettere all’asta online la propria verginità.
Di seguito alcune delle domande che sono state rivolte all’attrice:
Come ci si prepara per un personaggio così?
È uno di quei personaggi che non permette svaghi e distrazioni, per assurdo durante il periodo del set era più difficile togliersi quella maschera che continuare a indossarla. Essere un attore è come essere un artigiano, si creano vestiti, ma anche sangue e carne dove vive il personaggio che si interpreta. Mi sono affezionata perché è stata dentro di me molto tempo e mi faceva sempre pensare, poi però sono stata contenta di liberarmene.
Prima delle riprese ho preso lezione da una coach viennese che ha lavorato molto in America e insegna il metodo Strasberg. Per due settimane davanti a una classe di 15 persone son stata nuda fisicamente e ho cercato si spogliarmi anche metafisicamente. Ho caricato il mio personaggio, la sua falla carmica, la prima goccia che ha iniziato a scavare nel suo cervello.
Ti sei posta il problema che in molti ti avrebbero visto nuda?
Era una nudità a servizio della narrazione, metafora di una fragilità interiore. Non sono mai momenti unicamente erotici, ma dicono molto della psicologia del personaggio. Io non amo il nudo gratuito, ma qui c’è quasi poesia. Poi la recitazione è fatta di corpo, e per me il seno è al pari della bocca, del naso, delle spalle.
Nel film vediamo un rapporto madre figlia molto complesso.
Credo lo siano tutti i rapporti madre/figlia; complessi dico. Loro poi vivono una crisi economica che complica le cose. In qualche modo la figlia è lo specchio delle mancanze della madre, per lei (Anna Finocchiaro n.d.r.) è doloroso guardarla perché sa che è la causa del suo dolore, e questa inadeguatezza la porta alla rabbia, ma Matilde ama la mamma al punto da vendersi per aiutarla.
Che ne pensi della competizione femminile?
Se la competizione non è invidia può anche essere una forma di ammirazione. La competizione l’accetto, la trovo umana e stimolante, ho fatto ginnastica artistica per 15 anni e mi ha insegnato sia la competizione sia il gioco di squadra. Poi è vero, siamo cresciuti in un mondo che ci ha insegnato che non ci siamo davvero realizzati se ci realizziamo professionalmente, mentre io credo fermamente nel ribaltamento di questa scala di valori. Mia mamma mi ha insegnato invece a godere della mia personalità.
Di recente hai lavorato anche come doppiatrice in Coco, com’è stata quell’esperienza?
Bella, ma per fortuna ho avuto una parte piccolissima, perché doppiare è difficilissimo.
Come hai vissuto il movimento #metoo o #quellavoltache?
Sono convinta che sia una cosa di cui vale pena parlare, e non mi interessa il caso particolare ma il fatto che il movimento abbia mostrato l’elefante nella stanza e cioè il fatto che viviamo in una società maschilista e misogina. Per la prima volta, visto che le violentate erano donne bianche, famose e potenti, ci siamo sentite più coinvolte perché abbiamo capito che potrebbe succede anche noi.
Odio chi giudica le altre donne, quelli che dicono «eh sì ma l’Oscar l’ha preso, eh sì ma per vent’anni è stata zitta», le loro parole sono servite, qualcosa è cambiato, molto deve ancora cambiare.
I tuoi prossimi impegni?
Sarò protagonista di Una vita spericolata, commedia grottesca diretta da Marco Ponti dove recito assieme a Lorenzo Richelmy. Forse presenteremo il film al Giffoni. Poi sono impegnata sul set del nuovo film di Martin Campbell (Casino Royal n.d.r), è una parte piccola ma recitata in inglese con un cast internazionale, sono molto contenta. C’è poi in ballo un altro progetto, ma è ancora top secret.
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