Per gli amanti dei biopic stasera e domani su Raiuno c’è un appuntamento imperdibile: Adriano Olivetti, la forza di un sogno. L’uomo che viene spesso definito “lo Steve Jobs italiano” ha una storia talmente interessante da farci dimenticare, per una volta, i toni e i ritmi della fiction Rai, targettizzati per un pubblico non proprio giovane.
D’altronde alla regia c’è Michele Soavi, regista di genere (lo ricordiamo per il bel Dellamorte Dellamore) e qui chiamato in causa soprattutto grazie alla parentela stretta con Olivetti, di cui è nipote (è il papà di sua mamma), che allestisce una messa in scena tradizionale ma efficace.
Protagonista della rinascita economica italiana del dopoguerra, Adriano Olivetti divenne noto per i suoi prodotti (dalle macchine da scrivere, al primo computer del mondo) e per le sue idee.
«Io voglio che Olivetti non sia solo una fabbrica, ma un modello, uno stile di vita. Voglio che produca libertà e bellezza perché saranno loro, libertà e bellezza, a dirci di essere felici», sono le parole che più riassumono la sua filosofia.
La produzione è di Rai Fiction e della Casanova Multimedia di Luca Barbareschi, con la collaborazione di Telecom Italia, che lo renderà disponibile anche online, a partire dal 3 novembre, sui siti di Telecom e Olivetti.it.
A interpretarlo è Luca Zingaretti, nel cast anche Stefania Rocca e Francesco Pannofino.
Il film, di cui abbiamo visto in anteprima il primo episodio, descrive con un buon equilibrio l’Olivetti pubblico e privato, con gli industriali dell’epoca che lo isolano, incapaci di accettare le sue idee rivoluzionarie, e gli americani che lo spiano, spaventati da una possibile deriva comunista e dai suoi prodotti innovativi.
La polemica riguardo la sua morte, avvenuta nel 1960 su un treno diretto in Svizzera per infarto proprio quando il primo calcolatore elettronico a transistor Olivetti si preparava a sbarcare sul mercato americano, è solo sfiorata.
«La trama ovviamente è molto romanzata, e procede anche un po’ per stereotipi», ha commentato Laura Olivetti, figlia di Adriano e presidente della Fondazione Olivetti, che ha supportato la produzione. «Ma riprende tutti elementi che nella vita di mio padre ci sono stati davvero. E resta fedele allo spirito delle vicende. Mio padre è stata una persona che ha avuto più nemici che amici. La fiction ne mette in campo pure pochi. Lo spionaggio degli Usa è fiction, ma che mio padre aveva rapporti coi servizi segreti americani e inglesi è vero, come è vero che veniva tenuto sotto controllo dagli americani».
Molti, effettivamente, i punti in comune con Steve Jobs: la sua passione per l’estetica e la bellezza («la macchina da scrivere deve essere colorata», sembrano parole di Jobs riguardo gli iPod) o il meraviglioso passaggio in cui liquida statistiche e un sondaggio di opinione dicendo che «la gente non sa quel che vuole, dobbiamo farla sognare noi».
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