È il giorno del Leone: alla 79° Mostra del Cinema di Venezia oggi, sabato 3 settembre, Paul Schrader riceverà il Leone d’Oro alla Carriera. Il leggendario regista e sceneggiatore di Taxi Driver e Toro Scatenato, icona della Nuova Hollywood, non è sbarcato al Lido solo per ritirare il prestigioso riconoscimento, ma ha presentato al pubblico la sua ultima fatica (fuori concorso): Master Gardener.
Ultimo capitolo di una ideale e fresca trilogia dopo First Reformed nel 2017 e The Card Counter lo scorso anno, questa svolta Schrader ci porta nel mondo del giardinaggio, fa affondare al pubblico il naso nel terriccio e racconta la storia di un abile curatore di fiori e piante (Joel Edgerton) con un oscuro passato di violenza. Vive e lavora nella storica dimora della ricca vedova Norma Haverhill (Sigourney Weaver) ed è proprio lei a chiederle di insegnare l’orticultura alla pronipote Maya (Quintessa Swindell).
«Anni fa ho incontrato questo personaggio frutto della letteratura europea, un eroe esistenzialista raccontato da Dostoevskij, Sartre, in Un uomo senza qualità di Robert Musil… è finito col diventare un tassista nel mio film. Era nuovo per il cinema e viene riproposto da allora» ha iniziato a dire il regista, spiegando che adesso che la tecnologia e il budget lo permettono, ha deciso di rivisitarlo di nuovo per tre volte consecutive: «La differenza è che è più vecchio, quando era giovane veniva in contatto con persone più grandi che avevano terribili idee in testa. Il personaggio ora è invecchiato e viene in contatto con chi è più giovane. È la stessa persona, ma si è evoluto, è cresciuto. Adesso ho chiuso con lui, spero».
Il tema di fondo è ancora una volta quello della redenzione: «La mia generazione è cresciuta con racconti di violenza, ora ce ne sono meno La nozione di base di come possiamo partecipare alla nostra stessa redenzione si è evoluta». Nella sua stessa trilogia, le cose cambiano velocemente: «In First Reformed la redenzione richiede sangue, come per le sofferenze di Cristo, in The Card Counter succede fuori dallo schermo, in questo caso finalmente avviene sullo schermo. Viene cacciato dal giardino dalla “divinità” malvagia che l’ha portato lì in primo luogo».
L’ambientazione non è a caso molto biblica: «Il giardinaggio è la più vecchia metafora dell’arte, è iniziato tutto da lì. Ho sempre pensato a questo personaggio, a qualcuno che vi si nascondesse. Ma chi si nasconde in un giardino?». Un uomo molto particolare, nel caso di Master Gardener: «Ho pensato a un rifugiato nel programma protezione testimoni, un mafioso, ma è un cliché. Poi ho pensato ad un Proud Boys e metterlo nel giardino per vedere se riuscisse ad essere perdonato. Può un bianco nazionalista essere personato da una donna nera? È una fantasia, ma una interessante».
Per mettere in pratica le fantasie di Paul Schrader, il regista ha chiamato a sé Joel Edgerton (Star Wars, Warrior, The King): «La mia generazione ha guardato ai film di De Niro e allora non avevamo capito che fossero performance così interessanti grazie alla scrittura – ha detto l’attore in conferenza stampa a Venezia 79 – Dietro c’è Paul. […] Quando mi ha chiamato per far parte della fine della trilogia, ho detto sì senza leggere lo script». Secondo lui, nei film di Schrader c’è «una tranquillità che collide con il caos».
Stessa fascinazione anche per l’altra grande star di Master Gardener, Sigourney Weaver (Alien), approdata al progetto proprio grazie a Paul Schrader: «Lo script era diverso da ogni altro che abbia letto: è verticale, semplice alla base ma con sotto molto, molta passione. Ho sempre ammirato i suoi lavori, senza mai sognare di potervi partecipare perché non sono un uomo solo in una stanza. Ora però sono una donna vecchia in una villa: Norma è uno dei ruoli migliori della mia vita».
QUI TUTTI GLI ARTICOLI, LE INTERVISTE E LE RECENSIONI DA VENEZIA 79
Foto: TIZIANA FABI/AFP via Getty Images
© RIPRODUZIONE RISERVATA