Penelope Cruz ci incontra sorseggiando un tè. Bellissima, in tailleur bianco, e sempre sorridente. Da brava poliglotta non ha bisogno dell’interprete e quando sente una parola che non conosce se la fa ripetere un paio di volte per migliorare il suo italiano. Con lei abbiamo scambiato quattro chiacchiere su To Rome with Love (e non solo) dopo aver incontrato Woody Allen:
Ieri hai ringraziato Allen per averti scelta per la seconda volta dopo Vicky, Christina Barcellona, ma com’è lavorare con il maestro?
«È un’ispirazione continua. Non smetterei mai di parlarci: ogni tanto lo guardo e sto attenta a segnarmi le genialate che dirà prima che mi sfuggano di mente. Mi ha portato fortuna la prima volta (sul set di Barcellona ha incontrato nuovamente il marito, Javier Bardem, ndr) e continua ad avere tanta fiducia in me da richiamarmi per regalarmi un bellissimo personaggio come Anna».
Il tuo ruolo è quello di una escort molto autoironica. Come hai costruito il personaggio? Hai qualche punto in comune con lei?
«Anche io sono ironica. Rido molto. Penso che sia importantissimo ridere e analizzare se stessi specie se fai l’attore. Ma non abbiamo molto altro in comune io sono una a cui piace avere il controllo su tutto, invece Anna è puro istinto, è molto felice perché fa un lavoro complicato con dignità ma ironia a parte non ci somigliamo».
Sei anche la musa di un altro grande del cinema mondiale, Pedro Almodovar…
«Ancora oggi non mi capacito di come sia possibile. Mi sento come uno che ha vinto alla lotteria. Che dire? Adoro Pedro e spero che faremo ancora tante cose insieme. Anche con Woody sogno che mi chiami una terza, quarta, quinta volta!».
Anche in Italia c’è un regista, Sergio Castellitto che stravede per te. Avete appena finito di girare Venuto al mondo…
«Sergio mi ha regalato due ruoli fantastici che mi hanno fatto crescere come attrice e non lo ringrazierò mai abbastanza. Abbiamo un rapporto particolare, ma per me è normale. Se non ho un rapporto bello con i registi preferisco non lavorarci, ora che mi posso permettere di dire di no, rifiuto le proposte di autori che non mi convincono perché è deprimente quando un regista vuole usare il tuo dolore in modo non onesto. Questo non significa che non mi fidi degli autori meno famosi, anzi. Sono sempre alla ricerca di nuovi autori, anche esordienti».
Insieme ad Antonio Banderas, Javier Bardem e Paz Vega fai parte di un gruppo di bravi attori spagnoli entrati nell’Olimpo di Hollywood. Come vivi la cosa: è solo una moda o secondo te è il naturale epilogo dopo una lunga formazione?
«No, anche qui è questione di fortuna. Non sono mai andata a Los Angeles con la valigia dicendo “lascio il cinema spagnolo”. Non avevo pianificato di arrivare fin qui. Sono solo andata a fare provino con Stephen Frears perché ero ossessionata da Le relazioni pericolose. Alcune audizioni sono andate meglio di altre ed eccomi qua. Ognuno ha avuto un suo percorso ma non penso esista una scuola o un metodo spagnolo che fa colpo sugli americani».
Spagna e Italia sono due paesi tra i più colpiti dalla crisi. Pensi che in questo momento potrebbe servire fare un film sulla congiuntura economica?
«Il cinema è uno specchio della società e credo sia un’efficace terapia, ma ritengo sarebbe difficile realizzare una pellicola così. Come attrice non so se riuscirei ad avere l’umiltà e il rispetto necessario per interpretare una situazione che affligge tanti oggi. C’è troppa tristezza e rabbia nel vedere tanti giovani preparati impossibilitati a trovare lavoro. È un tema troppo vicino e delicato». (Foto Tiziana Fabi/AFP/Getty Images)
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