Pete Docter: «Inside Out parla di perdita e crescita»
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Pete Docter: «Inside Out parla di perdita e crescita»

Abbiamo incontrato il regista del nuovo capolavoro Pixar

Pete Docter: «Inside Out parla di perdita e crescita»

Abbiamo incontrato il regista del nuovo capolavoro Pixar

Incontrare il creatore di Inside Out pochi minuti dopo aver visto il suo film così trascinante sul piano emotivo è un’esperienza che non si dimentica, proprio come i cinque magnifici protagonisti della storia. Tanto più visto che parliamo di Pete Docter, genio (una volta tanto la parola è ben spesa) del cinema d’animazione, co-autore dei soggetti di Wall∙E e Toy Story, e regista di capolavori come Monsters & Co. e Up (che gli è valso un Oscar). Un vero e proprio pilastro della Pixar. La nostra chiacchierata sarà lunga e intensa, perché Inside Out è un film ricco di piani di lettura e tutt’altro che condiscendente con le difficoltà del vivere, e soprattutto del crescere. Lo stesso Pete ne è ben consapevole, lo si può intuire facilmente dallo sguardo vagamente malinconico che si intravede nei suoi occhi azzurri…

Best Movie: Dopo Up anche Inside Out è un’opera che riflette sul tempo che passa e sul significato della perdita.
Pete Docter: «L’idea di partenza per me è sempre una sensazione profonda, qualcosa che vorrei gli spettatori poi portassero a casa con loro dopo la visione. Il senso di perdita ha avuto una grande influenza nella mia vita: mia figlia è cresciuta, i miei amici ormai sono adulti, quando torno con la memoria alla mia infanzia sento che quella felicità è rimasta indietro. La libertà viene sostituita dalla responsabilità, questo significa in fondo diventare adulti. Crescendo puoi davvero decidere della tua vita, ma perdi quella spensieratezza innocente. Di questo parla Inside Out».
BM: Come si sviluppa nel corso del tempo un progetto come Inside Out?
PD: «La produzione è durata cinque anni. Appena parti con l’idea ovviamente sei entusiasta, credi che realizzare un film come questo sia semplice: dopo pochi mesi invece capisci che non lo sarà affatto. Se però col passare del tempo inizia a funzionare per noi della Pixar – sempre i primi spettatori dei nostri lavori – allora funzionerà anche per il pubblico. Facciamo proiezioni di prova interne per testare lo sviluppo dell’idea di partenza. Cerchiamo poi di trovare sempre un equilibrio tra divertimento e riflessione. All’inizio Inside Out era una commedia corale, poi, pian piano, si è rivelato anche un film sul crescere».
BM: Quali sono stati i momenti più belli e quelli più difficili in questi cinque anni?
PD: «Per un regista l’inizio è il momento più facile, sei ancora in piena fase di sperimentazione. C’è voluto ad esempio un anno per trasformare l’idea di partenza di Inside Out in una storia. L’ultimo periodo è il più complesso, devi chiudere delle porte invece di aprirne altre, però finalmente vedi il tuo film nascere ed è emozionante. Ma dipende dai ruoli: per i produttori il primo anno è faticoso dovendo lavorare solo su idee, per me invece la parte più complicata è quella centrale, quando tutto prende forma e magari non è esattamente quella che avevi in mente in principio».

Leggi l’intervista completa su Best Movie di agosto, in edicola dal 28 luglio.
Leggi il reportage Siamo stati ai Pixar Studios per scopire com’è nato Inside Out.

Foto: Getty images

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