Stucchi, affreschi, lampadari di cristallo riflessi negli specchi appesi al soffitto. Una vasca da bagno rosa grande come una piscina. Mobili dorati. Un trionfo di barocco kitsch che rappresenta l’ideale per il set della serie televisiva Sky Gomorra diretta da Stefano Sollima. Ma per avere a disposizione una villa da boss così perfetta e “autentica”, il prezzo da pagare non è stato di certo esiguo.
La vicenda è presto detta: tre camorristi del clan “Gallo-Cavalieri”, uno dei più influenti del Sud campano, sono stati arrestati questa notte dai carabinieri di Torre Annunziata (NA), per aver imposto e ottenuto dalla società di produzione Cattleya 6mila euro in contanti per permettere l’accesso alla loro villa (sotto sequestro), location dove sono state girate le scene di Casa Savastano (la famiglia protagonista della pellicola tratta dal best-seller di Roberto Saviano). I criminali in questione sarebbero Francesco Gallo (già in carcere), e i suoi genitori Raffaele Gallo e Annunziata De Simone, esponenti di spicco della mala, che eseguivano gli ordini del figlio dalla prigione.
In realtà, la casa di produzione italiana aveva regolarmente affittato, con un contratto da 30mila euro, suddiviso in cinque rate da 6mila euro, la casa. Peccato che l’arresto del boss nel 2013 e il trasferimento del contratto dell’immobile sotto la responsabilità di un custode giudiziario avessero portato la “famiglia” a chiedere – tramite minacce – esattamente il doppio, a garanzia del tranquillo svolgimento delle riprese. Ritrovandosi nullatenenti, i camorristi avevano chiesto in pratica a Cattleya di pagare per ogni rata dovuta 6mila euro al custode giudiziario e 6mila euro ai Gallo.
Le indagini condotte dal pm antimafia Pierpaolo Filippelli e dai carabinieri di Torre Annunziata attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali hanno permesso di ricostruire la vicenda. Coinvolti pesantemente nella vicenda anche i funzionari della Cattleya, in particolare nelle persone dei produttori Gianluca Arcopinto e Matteo De Laurentiis accusati di favoreggiamento aggravato.
Il primo è accusato di aver fornito false informazioni all’autorità giudiziaria nel corso dell’interrogatorio davanti ai carabinieri, negando di aver pagato l’estorsione; e il secondo di aver avvisato la famiglia Gallo dell’esistenza dell’inchiesta a suo carico. De Laurentiis sarebbe stato intercettato in auto mentre parlava col boss Raffaele Gallo, rivelandogli il contenuto del suo interrogatorio davanti al pm; e tutto per risparmiare i 18mila euro ancora dovuti per le riprese. I due indagati negano di aver ostacolato le indagini e dichiarano, anzi, di aver collaborato sin dall’inizio della lavorazione. Il pm li accusa anche di aver corrotto due vigili urbani per aver accesso ad alcune strade il cui accesso è solitamente interdetto alle produzioni televisive e cinematografiche.
Sebbene la cosa sia molto seria, si potrebbe ironizzare sul fatto che nel reclamare il pizzo su una serie che ha per oggetto la camorra, l’organizzazione malavitosa non abbia fatto altro che reclamare il “diritto d’autore”.
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