A quanto pare il cinema italiano continua a prendere lezioni da uno dei suoi più grandi interpreti. «La nostra realtà è tragica solo per un quarto: il resto è comico. Si può ridere su quasi tutto». Lo diceva tempo fa Alberto Sordi e lo conferma ora il grande schermo tricolore che nei prossimi mesi metterà alla berlina sentimenti, politica, costumi e società rigorosamente nostrani per continuare a far ridere gli italiani. E cavalcare l’onda del successo della commedia nazionalpopolare registrato negli ultimi anni, correggendo il tiro laddove inaspettate battute d’arresto (leggi: cinepanettone) hanno lanciato un chiaro segnale.
Ad arginare l’ondata comica ci penseranno i grandi autori del nostro cinema – Bertolucci, Salvatores, Bellocchio, Diritti, Tornatore, solo per citarne alcuni – che, dopo un periodo di silenzio, torneranno a far sentire la loro voce e a scatenare più di una polemica, stuzzicando l’opinione pubblica con temi tanto scottanti quanto delicati. Storie potenti e toccanti, ispirate a grandi successi letterari o alla realtà.
«LA REALTÀ È TRAGICA SOLO PER UN QUARTO»
E Reality, appunto, si intitola il film di Matteo Garrone vincitore del Gran Prix all’ultima edizione del Festival di Cannes, sull’ossessione per il Grande Fratello di Luciano, marito e padre di famiglia. Una fascinazione che diventa patologica e offre al regista di Gomorra lo spunto per condurre una riflessione sulla morbosità sviluppata dal pubblico nei confronti dei reality show.
Potrebbe essere presentata a Venezia, invece, la nuova travagliata pellicola di Marco Bellocchio, Bella addormentata; storia di destini incrociati – incarnati, tra gli altri, da Toni Servillo, Alba Rohrwacher, Isabelle Huppert e Michele Riondino – che ruotano attorno alla vicenda di Eluana Englaro. Benché non «si tratti della storia di Eluana», come ribadiscono regista e cast, il film, travolto fin dall’annuncio da molte polemiche, si è visto negare i fondi che gli erano stati promessi dall’Assessorato regionale alla Cultura del Friuli. Un ostacolo che non ha impedito a Bellocchio di dimostrarsi come sempre al di sopra delle parti e di perseverare nella sua posizione etico-artistica senza cedere ad alcun ricatto.
Ha il sapore di un Into the Wild all’italiana Un giorno devi andare di Giorgio Diritti, che conduce la sua Augusta (Trinca) in Amazzonia, quale luogo ideale per reagire a vicende personali particolarmente dolorose e cercare una riconciliazione con se stessa, con il mondo e con Dio.
Per due registi che abbandonano il loro Paese per inseguire il sogno americano (o quasi) – parliamo di Giuseppe Tornatore che arriverà con La migliore offerta, ambientato nel lussuoso mondo delle aste e interpretato da Geoffrey Rush, Jim Sturgess e Donald Sutherland, e di Gabriele Muccino, alla sua terza esperienza hollywoodiana con Playing the Field – ce n’è uno che dopo la fortunata esperienza di This Must Be the Place (che gli è valso il Nastro d’Argento) torna in patria. E sarà proprio la nostra Capitale, immortalata quasi sempre in notturna e mai nel suo lato “cafonal”, la protagonista di La grande bellezza di Paolo Sorrentino, che ancora una volta dirigerà il suo attore-feticcio, Toni Servillo, nel ruolo di un uomo che vaga per la città eterna e si improvvisa giornalista. Al suo fianco due volti tra i più amati del nostro cinema: Carlo Verdone e Sabrina Ferilli, in un’opera che stilisticamente si preannuncia profondamente “sorrentiniana”, dove la realtà cede il passo a una fotografia più evocativa, quasi metafisica. […]
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