Per gli appassionati di film horror, la bellezza del genere sta soprattutto nella possibilità di vivere emozioni vicarie, ovvero di prendere parte a un’avventura terrificante e con esiti sanguinolenti, senza alzarsi mai dalla poltrona del proprio salotto. Nulla di nuovo, in fondo: i benefici di questo processo catartico erano noti già agli antichi greci, che li mettevano al centro delle loro ben note tragedie. Tuttavia, non è sempre immediato innescare questo processo di immedesimazione con i personaggi.
Tra i film che maggiormente giocano con il concetto di “sentirsi vittima” c’è sicuramente #Horror (pronunciato Hashtag Horror), uno slasher diretto da Tara Subkoff e uscito nel 2015. La pellicola, che vede protagonista un gruppo di ragazzine in età da scuola media, rilegge infatti in chiave horror un fenomeno che non ha nulla a che vedere con serial killer o creature soprannaturali, e che ha purtroppo fatto parte della quotidianità di molti: il bullismo.
La protagonista del film è Sam (Sadie Seelert), una ragazzina della classe media che viene invitata a partecipare a un pigiama party insieme a un gruppo di compagne molto più benestanti di lei, capitanate dalla “reginetta” Sofia (Bridget McGarry). Alla festa viene invitata anche la stramba Cat (Haley Murphy), una ragazza nota per essere una bulletta, nella speranza che possa riconciliarsi con le altre. La serata comincia normalmente, ma presto vengono tirati fuori gli smartphone e le amiche iniziano prima a punzecchiarsi e poi a litigare, portando all’allontanamento di alcune di loro, che si addentrano nei boschi circostanti. Tutto precipita, però, quando compare un misterioso assassino mascherato, che inizia a fare fuori una per una le protagoniste in maniera assolutamente brutale, trasformando la serata in una notte di terrore.
Hashtag Horror è ricco di scene gore assolutamente disturbanti, soprattutto per la presenza di vere adolescenti nel cast. La pellicola si apre con atmosfere quasi nostalgiche, richiamando alla memoria i tempi della scuola e dei pigiama party, per poi rendere chiaro allo spettatore che le ragazze andranno incontro, di lì a poco, a livelli indescrivibili di dolore e sofferenza. Paradossalmente, però, gli aspetti più brutali del film non sono quelli in cui scorrono fiumi di sangue, bensì le scene in cui vengono ricostruite le crudeli dinamiche del bullismo e del cyberbullismo. La rappresentazione che ne viene fatta, tra commenti velenosi, insulti scioccanti e attacchi verbali e fisici, è terribilmente realistica e finirà per risvegliare qualche incubo in chi ha vissuto in prima persona questo fenomeno.
Grazie al supporto di un brillante cast, il film mira quindi a creare una forte empatia per i personaggi e utilizza la morte delle ragazze per mostrare i disastrosi effetti collaterali del fenomeno del bullismo. Il meccanismo è dunque quello di ritorcere l’empatia dello spettatore contro di lui, per permettergli di comprendere pienamente che cosa voglia dire sentirsi una vittima.
Fonte: Collider
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