Pola, una cinearena "in festival"
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Pola, una cinearena “in festival”

Chabrol, Almodovar e le pellicole degli autori dell'Est tra antichi monumenti romani e spettatori da capogiro

Pola, una cinearena “in festival”

Chabrol, Almodovar e le pellicole degli autori dell'Est tra antichi monumenti romani e spettatori da capogiro

Pubblico da stadio e “hooligans del cinema”, qui in Croazia, al 56° Festival Internazionale del Cinema di Pula, nota agli Italiani come Pola, la maggiore e più affascinante città di mare della penisola istriana nota per lo splendore della sua architettura romana e ora costellata di pinete, minuscoli caffè sul mare, parties e concerti affollatissimi in cui si possono incontrare registi da tutto il pianeta, giornalisti, critici cinematografici e semplici appassionati, che hanno voglia di provare il brivido della scoperta di un’altra-Venezia o di un’altra-Cannes che dir si voglia. Per chi voglia curiosare fra Takeshi Kitano ed una retrospettiva dedicata all’eclettismo di Pedro Almodóvar, fra Catherine Breillat e The Countess di Julie Delpy, fra Costantin Costa Gavras ed il Michael Mann dell’ultimo attesissimo Nemico pubblico, oppure avventurarsi a scoprire le bellezze locali che contornano Pula – dal Tempio di Augusto alle preziose Isole Brioni – il festival può essere raggiunto con sole due ore di viaggio dal confine italiano. In corso dal 18 luglio, terminerà il 25 luglio 2009. Il gigantesco anfiteatro romano del I secolo in pietra calcarea, poi, è lo scenario mozza-fiato non più delle lotte dei gladiatori ma delle proiezioni della qui famosissima manifestazione (presieduta da Zdenka Viskovic, con la direzione artistica di Zlatko Vidackovic). Una sorta di cinearena pop la cui capienza capogiro di 20.000 spettatori tra-sforma ogni proiezione del Pula Film Festival (dal 18 al 25 luglio 2009, vedere il sito del festival per credere) in una coreografia kolossal da pellicola pe-plum. Le maschere della sala – ops, volevamo dire: dell’arena – hanno lunghe tuniche da ancelle d’era imperiale o sandali e corazze da centurioni, ed intanto ti scortano a vedere le migliori opere dei migliori registi della cinematografia di una fetta di mondo – quella dell’Est d’Europa – che di norma non conosciamo affatto. Ed ecco così, accanto all’ultimo crime-movie Bellamy del noto Claude Chabrol o allo storico Red Cliff del geniale e altrettanto noto John Woo, apparirci straordinariamente fresco lo stile filmico del favolistico Vjerujem u andele (I Believe in Angels) del per-noi-sconosciuto Niksa Svilicic, piacevolissima scoperta pari a quella dei potenti manifesti antibellici U zemlji cudesa (In the Land of Wonders) di Dejan Sorak o Crnci (The Blacks) di Zvonimir Juric. Tutti i film croati qui presentati in anteprima mondiale – fra i quali ricordiamo ancora Kenjac (Donkey) di Antonio Nuic o Metastaze (Metastases) di Branko Schmidt, Blizine (Closeness) di Zdravko Mustac o Penelopa (Penelope) di Ben Ferris, Ljubavni zivot domobrana (Love Life of a Gentle Coward) di Pavo Marinkovic oppure l’allegorico Covjiek ispod stola (The Man Under The Table) di Neven Hitrec – tutti i film croati presentati, di-cevamo, ci appaiono improvvisamente una lunga e fantasticata elaborazione del lutto degli ultimi travagliati decenni dell’ex-Jugoslavia, e non a caso hanno un’interesse storico tale che – qui a Pula – hanno raccolto al festival decine di critici cinematografici da tutto il mondo, che partecipano a un convegno intitolato Croatian Film Focus 2009 che tenta di fare il punto su una Storia del Cinema ancora da scriversi.

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