Alice nella città, Punta Sacra: viaggio all'Idroscalo di Ostia, dove gli abitanti lottano per difendere le proprie case
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Alice nella città, Punta Sacra: viaggio all’Idroscalo di Ostia, dove gli abitanti lottano per difendere le proprie case

Nel suo documentario la regista Francesca Mazzoleni racconta l'ultimo triangolo di terra abitabile tra il Tevere e il mare

Alice nella città, Punta Sacra: viaggio all’Idroscalo di Ostia, dove gli abitanti lottano per difendere le proprie case

Nel suo documentario la regista Francesca Mazzoleni racconta l'ultimo triangolo di terra abitabile tra il Tevere e il mare

Alla punta estrema di Ostia, dove il Tevere incontra il mare, c’è un gruppo di case e di famiglie che da sessant’anni lottano contro la forza della natura e di chi vorrebbe mandarli via da lì. A raccontarlo è il documentario Punta Sacra di Francesca Mazzoleni, in concorso ad Alice nella città, un’immersione fra la gente dell’Idroscalo che racconta non solo la battaglia per rimanere nelle proprie case, contro gli investitori che vorrebbero raderle al suo per costruire alberghi e ristoranti, ma anche una comunità che condivide difficoltà, sogni e un forte senso di appartenenza. Punta Sacra uscirà in autunno distribuito da Morel Film.

«Punta Sacra parla di quanto è importante sentirsi radicati in un luogo che fa parte della propria identità», dice la regista. «Nasce da un mio moto di rabbia per come l’Idroscalo è stato raccontato negli anni. Quando ho conosciuto la comunità ho pensato che era giusto conoscere queste queste persone e vedere cosa succedeva. Davanti a me ogni giorno ho avuto tantissima bellezza e forza: gli abitanti dell’Idroscalo stanno lottando per riprendere le proprie radici».

Per conquistare la fiducia della comunità dell’Idroscalo, dice Mazzoleni, «ho passato molto tempo sia con loro, sia osservando a distanza. Hanno capito non stavamo rubando qualcosa da loro, ma il lavoro era fatto insieme. La realizzazione del film è stata collettiva, un lavoro complicato ma bello». La ferita delle case abbattute nel 2010 è ancora aperta in molte famiglie che sono rimaste: «Nonostante siano passati 60 anni da quando sono state costruite le prime case, la situazione è di limbo. Vivere anni col permesso di abitare un luogo, ma non abbastanza per poter stare sereni, è una condizione di stress fortissimo. Le case abbattute restano un trauma: le persone sono state traferite nei residence dieci anni fa, e stanno ancora lì. Chi è rimasto ha il terrore di avere la stessa sorte».

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