Quentin Tarantino ha rivelato nel suo nuovo libro Cinema Speculation che la decadenza del cinema d’autore americano negli anni ’80 lo ha in parte portato a cercare nuove fonti di ispirazione, in particolare in relazione al film di Pedro Almodóvar del 1986, Matador.
Il controverso thriller erotico racconta la storia di uno studente, interpretato da Antonio Banderas, che confessa un omicidio che non ha commesso, trovando piacere nel dolore degli altri. Almodóvar ha confermato che la sequenza grafica di apertura presentava una scena di sesso non simulata e un personaggio che si masturbava con il giallo slasher di Mario Bava del 1964 Sei donne per l’assassino. Almodóvar, in seguito, ha ammesso nel suo libro Almodóvar on Almodóvar che Matador era uno dei suoi film più deboli, eppure proprio quella pellicola ha sbloccato qualcosa in Tarantino, ispirando, stando a quanto scrive il cineasta stesso, la sua personale idea di violenza.
«Ricordo, ai tempi in cui lavoravo nel mio negozio di Manhattan Beach, Video Archives, quando parlai con gli altri dipendenti dei tipi di film che volevo realizzare e delle cose che volevo fare all’interno di quei film. E di voler usare l’esempio dell’apertura di Matador di Almodovar. La loro risposta era: “Quentin, loro non te lo lasceranno fare‘”, ma io risposi: “Chi cazzo sono “loro” per fermarmi? “Loro” possono andare a farsi fo**ere».
«L’ardimento dimostrato da Pedro Almodóvar fu un esempio – ha scritto Tarantino -. Mentre guardavo i miei eroi, gli anticonformisti cinematografici americani degli anni Settanta, piegarsi a un nuovo modo di fare affari solo per tenersi il lavoro, l’ardimento di Pedro si faceva beffe dei loro compromessi calcolati. I miei sogni cinematografici includevano sempre una reazione comica alla spiacevolezza, simile al collegamento che i film di Almodovar stabilivano tra lo spiacevole e il sensuale».
Ha aggiunto: «Seduto in un cinema d’essai di Beverly Hills, a guardare le immagini 35 mm vividamente colorate, elettrizzanti e provocatorie di Pedro che sfarfallano su un muro gigante – dimostrando che ci potrebbe essere qualcosa di sexy nella violenza – ero convinto che ci fosse un posto per me e le mie fantasticherie violente nella cinematografia moderna».
Tarantino ha concluso: «Non ero un regista professionista allora. Ero un sfacciato fanatico e conoscitore totale del cinema. Eppure, anche una volta che mi accreditai come regista professionista, non ho mai lasciato che “loro” mi fermassero. Gli spettatori possono accettare il mio lavoro o rifiutarlo. Consideralo buono, cattivo o con indifferenza. Ma mi sono sempre avvicinato al mio cinema senza paura del risultato finale. Un ardimento che mi viene naturale – voglio dire, a chi frega davvero qualcosa? È solo un film».
Fonte: IndieWire
Foto: Getty (Franco Origlia/Getty Images)
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