Le prigioni sono da sempre una delle ambientazioni più potenti e simboliche del cinema. Fin dai tempi del cinema muto, con il dramma Execution of Czolgosz with Panorama of Auburn Prison (1901), il carcere è stato usato come metafora di redenzione, oppressione e lotta per la sopravvivenza. Film come Le ali della libertà e Il miglio verde hanno saputo trasformare l’ambiente carcerario in un elemento narrativo vivo e pulsante, rendendolo quasi un personaggio a sé. Tra le molte pellicole che hanno raccontato la vita dietro le sbarre, ce n’è una che, pur non avendo ottenuto il riconoscimento che meritava, rappresenta in modo autentico e viscerale l’esperienza di un detenuto: Una Preghiera prima dell’alba (A Prayer Before Dawn).
Uscito nel 2018 e distribuito da A24, il film racconta una storia vera con una crudezza e un realismo che lo distinguono nel panorama del cinema carcerario. Nonostante la sua qualità, la pellicola non ha raggiunto il grande pubblico, penalizzata dal rating R e da una distribuzione limitata. Eppure, il film diretto da Jean-Stéphane Sauvaire è una delle opere più potenti del genere, un’esperienza immersiva che trascina lo spettatore nelle profondità di un inferno fatto di violenza, disperazione e lotta per la sopravvivenza.
Basato sull’autobiografia A Prayer Before Dawn: My Nightmare in Thailand’s Prisons, questo dramma carcerario racconta la vicenda di Billy Moore, un giovane pugile di Liverpool che, dopo un’infanzia turbolenta e una vita segnata da problemi con la legge, decide di trasferirsi in Thailandia per cambiare strada. Inizialmente cerca di costruirsi una carriera come stuntman, continuando nel frattempo a combattere nel circuito della Muay Thai. Tuttavia, il suo passato lo trascina nuovamente in una spirale di autodistruzione: coinvolto nel traffico di droga, viene arrestato e condannato a scontare la pena in uno dei carceri più duri della Thailandia.
Fin dall’inizio della sua detenzione, Moore si rende conto della brutalità dell’ambiente in cui è finito. Le prigioni thailandesi sono famose per le condizioni estreme, e il film non edulcora nulla: spazi sovraffollati, violenza costante tra detenuti, soprusi da parte delle guardie e la continua minaccia della morte. Moore, nonostante la sua esperienza in ambienti pericolosi, si trova di fronte a una realtà che lo sovrasta. Il dramma non risparmia scene crude, restituendo in maniera diretta la durezza della prigionia.
L’unico spiraglio di speranza per Moore è la Muay Thai. Nel tentativo di sottrarsi alla spirale di violenza e di guadagnarsi il rispetto dei compagni di prigionia, si unisce alla palestra di boxe del carcere, vedendo nella disciplina l’unica possibilità di sopravvivere e di trovare una via di fuga, almeno mentale, dall’inferno in cui è precipitato.
La boxe diventa per lui non solo un’ancora di salvezza, ma anche un percorso di trasformazione. Tuttavia, Preghiera prima dell’alba non è un classico film sportivo in cui la competizione è il cuore della storia. La lotta principale non è sul ring, ma nella sopravvivenza quotidiana tra detenuti che non conoscono pietà. Moore subisce violenze, viene umiliato, è costretto ad assistere a episodi di estrema brutalità, ma trova nella disciplina della Muay Thai la forza per resistere.
Ciò che distingue Preghiera prima dell’alba dagli altri dramma carcerari è il suo realismo assoluto. Il regista Jean-Stéphane Sauvaire ha voluto ricreare un’esperienza immersiva e autentica, girando il film in una vera prigione thailandese, la Nakhon Pathon Prison, e scegliendo di coinvolgere ex detenuti come attori. Questo conferisce alla pellicola un’atmosfera unica, che va oltre la semplice rappresentazione cinematografica.
La grande differenza rispetto ad altri film del genere è che Preghiera prima dell’alba non cerca di costruire un arco narrativo tipico, con un eroe che trionfa sulle avversità. Qui non c’è alcuna redenzione spettacolare né un lieto fine rassicurante. Moore non diventa un campione, né un simbolo di giustizia: il suo obiettivo è semplicemente sopravvivere.
Alla fine, questo film non è solo la storia di un pugile caduto in disgrazia, ma una rappresentazione brutale della lotta per la sopravvivenza in un ambiente spietato. Un’esperienza cinematografica intensa, che lascia il segno e ridefinisce gli standard del dramma carcerario.
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