Badger, l’amico di Jesse Pinkman alto e un po’ tonto, uno dei due che lo aiutano a spacciare le metanfetamine per la strada, viene interrogato dalla DEA. All’improvviso, nella stanzetta senza finestre, entra Saul Goodman, avvocato dalla parlantina ipnotica, difensore della peggior feccia di Albuquerque. A parte una cravatta esageratamente colorata, e un fazzoletto dorato nel taschino, non indossa nemmeno uno dei suoi completi più esuberanti, quelli a cui ci abitueremo in seguito. «Hai già detto qualcosa di stupido, ragazzo? Ovvero: hai già detto qualsiasi cosa?». Inizia così la storia televisiva di una delle spalle più amate di sempre, per giunta in un serial che su una squadra di comprimari straordinari ha costruito le proprie fortune. Una storia che, adesso che è terminata l’indimenticabile saga di Walter White, acquisisce una consistenza ancora maggiore. Ha infatti debuttato l’8 febbraio negli Usa, su AMC, Better Call Saul, probabilmente lo spin-off più atteso di sempre: ambientata sei anni prima dell’incontro con l’ineffabile Eisenberg, la serie è totalmente incentrata sulle peripezie legali di Mr. Goodman, l’avvocato laureato nella fantomatica “Università delle Samoa Americane” che noi abbiamo incontrato di persona…
Best Movie: Allora, Saul si meritava una serie tutta per sé?
Bob Odenkirk: «Ovviamente io non ho scritto lo show, lo ha fatto Vince Gilligan, ma la gente, quasi per scherzo, chiedeva di uno spin-off su Saul praticamente dalla prima scena che ho girato… Era un personaggio così predominante, divertente e intrigante che c’era un mondo intero da raccontare. Già alla mia seconda stagione, che era la terza per Breaking Bad, Vince mi aveva accennato la cosa: “Che ne pensi di uno spin-off?”. È stato allora che abbiamo iniziato a parlare di come sarebbe dovuto essere».
BM: Come avete lavorato sul personaggio?
BO: «Saul resta un tipo simpatico, ma qui non è come in Breaking Bad, dove è divertente, ma funziona come valvola di sfogo della pressione che grava sulla storia. Deve diventare un personaggio che ha il pubblico completamente dalla sua parte. Ora è il protagonista di una storia tutta sua. Inoltre gli sceneggiatori hanno iniziato a parlare del suo passato, dei suoi genitori, di suo fratello Chuck e di chi era prima di diventare Saul Goodman, anche perché la prima volta che lo si incontra in Breaking Bad dice: “Il mio nome è James McGill, sono irlandese”. Non è ebreo, Saul Goodman è un nome inventato: il suo completo, il set e l’ufficio sono tutti accessori per la sua messa in scena. Quindi chi è realmente questo tizio? È questo ciò che li ha intrigati veramente».
BM: Quanto è differente Better Call Saul da Breaking Bad?
BO: «Come Fargo, la serie tv basata sul film dei fratelli Coen, questo show è tratto da qualcosa che il pubblico ama già. Sono puntate da un’ora, chiaramente sostenute da un dramma coinvolgente. È uno scenario drammatico che parla di trasformazione, ma su un registro differente rispetto a quello di Breaking Bad, dove Walter White era un perdente che diventa una specie di Scarface, e in cui viene mostrato come una persona attraversa questo tipo di cambiamento in maniera lenta e credibile. Saul è una sfida più ardua per gli sceneggiatori perché diventa qualcuno di cui già sappiamo tutto, come appare, chi è. Sappiamo le scelte che ha fatto in passato e che l’hanno portato a essere quel tipo di persona in particolare». […]
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