Recchioni su The Disaster Artist: “Quando il brutto è più bello del bello”
telegram

Recchioni su The Disaster Artist: “Quando il brutto è più bello del bello”

Il celebre fumettista analizza le differenze tra il film di James Franco e quello del vero Wiseau, con una netta preference

Recchioni su The Disaster Artist: “Quando il brutto è più bello del bello”

Il celebre fumettista analizza le differenze tra il film di James Franco e quello del vero Wiseau, con una netta preference

The Disaster Artist

Da febbraio 2016, Roberto Recchioni (fumettista e romanziere, oltre che curatore di Dylan Dog per la Sergio Bonelli Editore) firma su Best Movie A scena aperta, rubrica in cui svela i segreti delle scene più belle dei film disponibili in home video.

A Hollywood piace parlare di Hollywood e lo ha fatto in centinaia di pellicole.

E questo è un fatto. Ha pure un debole per le storie di pazzi destinati al fallimento che però, grazie alla purezza dei loro sogni, trovano comunque una rivalsa e una redenzione. Ed Wood, la pellicola del 1994 diretta da Tim Burton e che raccontava la vita e le opere del “peggior regista di tutti i tempi” lo sta a dimostrare. The Disaster Artist, il film di James Franco che racconta la realizzazione di The Room, il film girato dal misterioso Tommy Wiseau e diventato presto un cult movie per gli appassionati di quei film così brutti da essere belli, ha parecchio a che spartire con l’opera di Burton, sia nello spirito sia nella struttura. E anche, purtroppo, nella maggior debolezza.

Ma andiamo con ordine e sgomberiamo il campo da un dubbio: The Disaster Artist è un film molto buono, reso straordinario da un’interpretazione di Franco di una qualità cristallina. L’attore, qui anche regista, interpreta il personaggio dello stramboide Wiseau riuscendo a restituircelo sia nei suoi aspetti più grotteschi e ridicoli, sia in quelli più tragici e commoventi, rimanendo sempre lontano dalla parodia.

Nonostante il protagonista di The Disaster Artist faccia cose assurde e, a tratti, piuttosto sgradevoli per tutta la duratadel film, Franco ce ne restituisce un ritratto che è impossibile non amare. È talmente preso dalla volontà di rendere omaggio a questo sognatore senza speranze che, proprio come Tim Burton, arriva a rigirare lunghe sequenze di The Room, l’unico film che Wiseau è mai riuscito a portare in sala. Per farla breve, saltiamo direttamente alla scena finale della pellicola di Franco, OK? Si tratta di un classico momento di meta-cinema:

noi, spettatori del film di Franco che magari stiamo guardando il film nel buio di una sala, osserviamo degli spettatori fittizi che, nel buio di una sala, stanno guardando una versione del film di Wiseau .

(1)

A complicare le cose del discorso semiotico che Franco mette in scena, le immagini che passano sullo schermo fittizio guardato dagli spettatori fittizi non sono quelle della pellicola originale di Wiseau ma della sua versione ricostruita da Franco stesso.

(2)

Tutto molto intelligente, sofisticato e ragionato, poco da dire. È la première del film. Tutto il cast, assieme a un nutrito pubblico, osserva lo schermo su cui vengono proiettate le immagini di The Room (il The Roomrigirato da Franco). Dopo i primi momenti di smarrimento, il pubblico inizia a ridere a crepapelle.

(3)  

 

Wiseau resta atterrito dalla reazione (lui ha fatto un film drammatico, nelle sue intenzioni) ed esce dalla sala, distrutto. Il suo migliore amico lo raggiunge e lo convince che quelle risate sono un segno del fatto che il film, alla gente, sta piacendo.

(4) 

Magari in una maniera diversa da come il regista l’aveva vista, ma cosa importa? Hanno fatto un film, sono ancora amici e stanno vivendo il sogno. Si accendono le luci, Wiseau sale sul palco in mezzo agli applausi e ringrazia tutti, felice del successo conquistato.

(5) 

Partono i titoli di coda. E qui scatta l’inghippo. Perché Franco ci tiene tantissimo a mostrare la fedeltà con cui ha ricostruito l’opera originale, e per farlo mette in piedi un confronto scena per scena mentre scorrono i nomi del cast.

(6)

E l’abissale differenza che passa tra un’opera sincera e una artefatta emerge in maniera prepotente. James Franco è un regista discreto che in The Disaster Artist non sbaglia praticamente nulla in termini di linguaggio e grammatica, ma che non rischia nemmeno nulla. Wiseau, invece, è un pazzo incompetente che rischia tutto e perde ognisingola volta. Il confronto tra i momenti originali di The Room e quelli del pedissequo remake di Franco mettono bene in evidenza quanto lo “sbaglio” di Wiseau sia meravigliosamente genuino e divertente mentre l’imitazione sia, invece, un gioco intellettuale. In sostanza, The Disaster Artist è un film profondamente pensato e consapevole che, proprio per questo, risulta artificioso se messo a confronto con la sincera e inconsapevole bruttura di The Room. Esattamente alla stessa maniera in cui il bel film su Ed Wood di Tim Burton risultava freddo e distaccato rispetto ai veri filmacci inguardabili di Ed Wood.

Il brutto ha una sua piena dignità quando non sa di esserlo e non può essere diverso da quello che è. Cercare di imitarlo, con distacco post-moderno, finisce solo per portare a risultati posticci. The Disaster Artist è un bel film, The Room è un film orrendo. Ma, tra i due, è molto più facile amare il secondo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA