Cos’è la perfezione? Impossibile darne una definizione esatta, ma nel cinema, spesso, è questione di equilibrio. Tecnico, estetico e narrativo. Un bilanciamento che Iñárritu, nel corso della sua carriera, ha ricercato più volte, raggiungendolo (o sfiorandolo) con Birdman. Ma per un regista ambizioso come lui, il film che gli è valso l’Oscar non poteva essere un punto d’arrivo, bensì un punto di partenza verso qualcos’altro. Qualcosa di più. Ed ecco Revenant – Redivivo, più che un film, una visione (ispirata dal libro di Michael Punke) che ipnotizza per la sua bellezza. Ma non arriva al cuore fino in fondo.
Al centro, la straordinaria storia di sopravvivenza e vendetta di Hugh Glass (Leonardo DiCaprio), cacciatore di pelli che nel 1822, durante una spedizione nel Mid-West degli Stati Uniti, venne attaccato da un orso e, creduto morto, abbandonato dai compagni nei boschi. Nel raccontarla, Iñárritu si abbandona a virtuosismi tecnici – piani sequenza, movimenti della macchina da presa a 360 gradi, primi piani strettissimi e prolungati – che meravigliano senza risultare fini a se stessi. Tutto in sincronia con la fotografia di Lubezki, che esalta la luce naturale dei paesaggi sterminati e selvaggi della frontiera americana, recuperati in Canada e in Argentina e ripresi con uno stile vicino al documentario. Ogni inquadratura è più bella dell’altra e in molte occasioni si ha la sensazione di essere davanti a un tipo di cinema particolarmente puro, distillato, dove anche la più cruenta delle battaglie si trasforma in un quadro in movimento da osservare con nero voyeurismo.
È un’esperienza che, in termini di violenza, non risparmia nulla all’occhio. La scena clou è l’attacco del grizzly, così feroce da sembrare interminabile, simbolo della lotta tra uomo e natura che Glass ingaggerà sino alla fine del film. DiCaprio regala una performance estrema per coraggio e immersione nel personaggio: i dialoghi sono pochissimi, la sua è un’escalation di sofferenza fisica e interiore, espressa con sguardi allucinati, urla e quanto di più viscerale ci sia nel suo bagaglio interpretativo (basterà per l’Academy?). Il dolore, poi, sfocia in scene oniriche in cui si respirano le atmosfere intimiste dei lavori pre-Birdman del regista.
I problemi, però, cominciano a emergere proprio nel corso di questa solitaria odissea, in cui la suspense non gioca sul se Glass ce la farà, piuttosto sul come arriverà a compiere la sua vendetta ai danni di Tom Hardy, perfetto nei panni del villain senza scrupoli.
Così, quando cominciamo a scoprire Revenant strato dopo strato, abituandoci ai suoi silenzi, scopriamo un dramma umano piuttosto monocorde, che punta tutto sulla resistenza coriacea del suo protagonista, in attesa dello scontro finale. Che però si raggiunge con un certo distacco.
La confezione ti lascia di stucco, ma manca l’equilibrio di cui parlavamo all’inizio. E la perfezione è solo un’illusione.
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Di seguito, i nostri pro e contro di Revenant – Redivivo:
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