“Avevi Richie Cunningham e hai preferito Fonzie”. “Tu eri Robin poi hai trovato me. Pensavi fossi il tuo Batman ma ero solo il tuo Ted”.“Scappa forte, finché puoi, ricordami come Neville Paciock in un mondo di Draco Malfoy”.“Tu eri per me ciò che negli anni Novanta è stato Friends”.
Da How I Met Your Mother a Ritorno al futuro, da Happy Days ad Harry Potter fino a Scooby-Doo, le canzoni dei Pinguini Tattici Nucleari sono un tripudio di citazioni filmiche e seriali. Anche i loro videoclip sono piccoli cortometraggi che citano le principali fonti di ispirazione, pescando tra tutti gli universi dell’intrattenimento. Di questa loro sfrenata passione abbiamo chiacchierato a 360° con il frontman, Riccardo Zanotti, grande estimatore di fumetti e cinema che, parafrasando il ritornello del loro singolo più famoso Ringo Starr, in un mondo di Batman e Joker ha sempre preferito Pinguino.
Sin dall’album d’esordio, Cartoni animali, avete sempre offerto al vostro pubblico dei riferimenti visual. Da dove parte questa tendenza?
«Già dagli inizi, da quando eravamo degli sbarbatelli, ci ha sempre accomunati una grande passione per l’arte, non solo la musica, ma anche la pittura e la scultura. Uno di noi faceva addirittura il custode e la guida in un museo, ma soprattutto il nostro batterista è un grandissimo appassionato di cinema. Quindi il nostro percorso musicale non poteva non essere permeato da queste grandi passioni. Cartoni animali si proponeva come sfida quella di trasporre in canzoni la vita dei personaggi dei nostri cartoni preferiti – l’Orso Yoghi, SpongeBob o quelli del Fantabosco – ma in una chiave più adulta, quasi noir».
Pensate già ai videoclip mentre componete i testi?
«No. Generalmente sono due momenti ben separati. Mentre si compone il testo si pensa al film che si vuole creare nella testa della gente. Quando poi la canzone è definita e si inizia a registrare, allora passiamo ore a discutere anche animatamente su quale potrebbe essere il videoclip che possa veicolare al meglio quel pezzo».
Che tipo di discussione c’è stata dietro al videoclip in cui citate Ritorno al futuro, ovvero la canzone presentata a Sanremo Ringo Starr?
«Con quel pezzo per la prima volta abbiamo avuto un budget con cui potevamo soddisfare le nostre velleità. Volevamo fare qualcosa di grande, una bella citazione, e quindi abbiamo pensato a quale potesse essere un film che mettesse d’accordo tutti. Ogni volta che abbiamo avuto a disposizione un buon budget, abbiamo cercato di creare un’opera di valore».
E poi ci avete preso gusto e avete ripetuto l’esperienza, citando Stranger Things, nel video di La storia infinita…
«Per quella canzone la volontà comune era quella di dare vita a un classico. Volevamo recuperare un evergreen che accomunasse più generazioni, pur rispettandone le differenze. Penso, per esempio, che La storia infinita abbia un significato diverso per chi era giovane negli anni ’80 rispetto a chi è ragazzo oggi. Queste opere, come la stessa Stranger Things, riescono a diventare dei classici, proprio perché sanno parlare a generazioni diverse».
Come mai un gruppo dell’era streaming come il vostro dedica così tanta cura ai videoclip?
«Io sono appena successivo all’epoca MTV, essendo nato nel ’94, per cui non ho vissuto nell’era in cui il videoclip era importantissimo e riusciva a veicolare una canzone anche se non era registrata in modo cristallino. Oggi è vero che si viaggia più con i numeri che una canzone fa con lo streaming. Detto ciò, quando un artista vuole comunicare deve farlo a 360° e niente deve essere lasciato al caso: dal videoclip al modo in cui ti presenti sul palco, a come gestisci i tuoi social: tutto deve in qualche modo confluire nello stesso fiume. E poi realizzarli è davvero molto divertente. Reciti con un team di 40/50 persone e hai il prodotto finale dopo tre settimane. Quando lo vedi per la prima volta è una sorpresa totale. È qualcosa di magico. Non vi rinuncerei per niente al mondo».
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