Classe 1966, Germano Lanzoni con il suo Milanese Imbruttito è diventato la nuova maschera di una Milano a partita Iva. Da Paderno Dugnano, il comico torna al cinema, a tre anni da Mollo tutto e apro un chiringuito, con Ricomincio da Taaac, diretto da Pietro Belfiore, Davide Bonacina, Andrea Fadenti, Andrea Mazzarella e Davide Rossi (in arte Il Terzo Segreto di Satira).
Oltre agli attori ereditati dall’universo “imbruttito” Giargiana (Valerio Airò Rochelmeyer), Laura Locatelli (la Wife), Leonardo Uslengo (il Nano) e Renato Avallone (lo Statale), per Ricomincio da Taaac arrivano anche Brenda Lodigiani (l’imbruttita), l’imprenditore tutto green e grano Paolo Calabresi, quello tutto figa e fatturato Raul Cremona, fino ai mitici cameo di Daniele Adani, Ruben Bondì, Licia Colò, Claudio Bisio, Francesco Mandelli e Jake la Furia.
La storia è semplice e impietosa: persino Milano esce dagli anni ’80 e per fatturare cerca di essere sostenibile, almeno a parole. E Imbruttito scopre che il nuovo mondo, in tutti i sensi, è pure peggio di lui e dovrà trovare il modo di sopravvivergli, tra gli affitti grotteschi di Milano e ricordandosi che quel decennio incomprensibilmente rimpianto da tutti sarà pure finito, ma dal nostro eroe non uscirà mai. Per dirla con il De Laurentiis di Max Giusti, un film tra Ken Loach e Massimo Boldi.
Sbaglio o il signor Imbruttito al cinema si abbellisce un po’? Come se il grande schermo lo inducesse almeno a una parziale redenzione.
«Hai ragione. In fondo in questo film, come in Mollo tutto e apro un Chiringuito, Imbruttito ha più tempo per mostrarsi, per vivere la vita vera, per confrontarsi con il mondo. E ne abbiamo di più anche noi per non giudicarlo e basta, per provare a capirlo. Il microtempo dei video di 90
secondi, il brand Milanese Imbruttito, le dinamiche comiche ti costringono ad automatismi inevitabili, all’esagerazione dell’intuizione immediata. Qui Imbruttito in fondo è un po’ il capitano della commedia dell’arte».
C’è anche un po’ l’effetto Alberto Sordi? Come Checco Zalone, Imbruttito ci porta a evidenziare le ipocrisie di quelli che credono di essere corretti?
«Hai citato un grande maestro e un comico straordinari. Però è vero che alla base di questi personaggi esemplari e scorretti c’è sempre quel capolavoro diretto e interpretato da Albertone che è Finché c’è guerra c’è speranza. Quando lo svegliano un quarto d’ora prima, dopo averlo contestato, perché torni a vendere morte per far fare alla propria famiglia la bella vita, li c’è tutta la grottesca tragedia del nostro mondo. Imbruttito è la personificazione delle leggi del mercato, delle sue supercazzole impersonali, in cui le relazioni non contano. Lui è il capitalismo moderno, nudo e crudo. Solo, vestito molto anni ’80».
Quanto sono più imbruttiti i radical chic che fanno yoga? Claudio Bisio è geniale nel suo boss politically correct che in realtà se ne fotte di tutto e tutti.
«Siamo tutti imbruttiti, ma sappiamo nasconderlo meglio di lui. La tragedia del signor Imbruttito, qui, è che sbaglia la lettura del cambiamento e scopre che il cinismo può essere di tutti. E, anzi, se lui forse un po’ ci giocava, gli altri lo prendono tremendamente sul serio».
Dica la verità, le dispiace di non averci pensato lei, nel film, a dedicare l’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi.
«Ma no, Imbruttito conosce solo Linate, Malpensa è troppo fuori la Circonvalla, è Giargiania [dal milanese “Giargiana”, che sta per straniero, nda], è affare di altri. Certo, lui non si sarebbe scandalizzato per il nuovo naming, ma Il Milanese Imbruttito è un universo che racconta più di
un’osservazione sociale che politica, quindi sia io che lui ci asteniamo da commenti!».
Andando a ritroso: Il Milanese Imbruttito, dal 2002 speaker del Milan, nato al Teatro Arsenale. Un percorso clamoroso.
«Una coincidenza. Io entro all’Arsenale perché mi danno la responsabilità dell’animazione di un villaggio e voglio fare le cose per bene. E lì non mi rendo subito conto che mi stanno formando con la killer application della creatività. Quando succede, è troppo tardi. Divento animatore della
radio, ma con una propensione al gioco tutta diversa, a un’ossessione per guardare la realtà in modo altro. Ho fatto una gavetta particolarissima che mi ha reso chi sono. Amavo quello che imparavo, ma essendo profondamente milanese, sentivo il bisogno di mettere alla prova tutto
me stesso. Arte sì, ma senza mai dimenticare chi ti guardava, ascoltava, si divertiva con e per te».
Come nasce Il Milanese Imbruttito? E ne saprebbe mai fare a meno?
«Nasce con un’osservazione interna, intanto. Io sono nato vicino a Comasina, sono di Milano. Mio fratello è un imbruttito, ha proprio le movenze, la velocità di parola e la capacità di passare di palo in frasca, i discorsi dell’imbruttito, e mio padre, pur facendo l’operaio, s’è fatto il Duetto, la barca, l’attichetto, lui era proprio le due F, figa e fatturato. Ora Imbruttito insegna all’università, fa corsi aziendali, da quando è arrivato si è preso tutto, come fai a cacciarlo via? Sono le personalità pirla che vivono gratis dentro di me. Sono pieno di pirla che prendono il comando a
seconda dell’ora e di ciò che devo fare. Il marito, il padre, il comico, l’artista, il socio, sono tanti, mica c’è solo Imbruttito».
Ricomincio da Taaac è al cinema dal prossimo 26 settembre. E voi cosa ne pensate? Andrete a vederlo? Diteci la vostra, come sempre, nei commenti.
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