Roberto Recchioni e il senso dei Goonies per la pioggia di fine estate
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Roberto Recchioni e il senso dei Goonies per la pioggia di fine estate

Il cult diretto da Richard Donner non è un capolavoro di regia, ma riesce a coinvolgere lo spettatore come pochi altri film d'avventura hanno saputo fare

Roberto Recchioni e il senso dei Goonies per la pioggia di fine estate

Il cult diretto da Richard Donner non è un capolavoro di regia, ma riesce a coinvolgere lo spettatore come pochi altri film d'avventura hanno saputo fare

Non è semplice, per uno della mia generazione, parlare del film dei Goonies perché, di mezzo, c’è troppo sentimentalismo, troppa nostalgia, troppo amore. Sentimenti che si scontrano con un film azzeccatissimo in tantissimi aspetti ma che, nella somma delle sue parti, è meno riuscito di quanto mi piaccia ricordare. Sia chiaro: non è una questione di obsolescenza. Anzi, il riciclo di certe atmosfere e di una determinata estetica operato da una serie di successo come Stranger Things, rende I Goonies particolarmente attuale, al giorno d’oggi. Il problema, semmai, è a monte, in quelle debolezze che il film, scritto dal bravo Chris Columbus e diretto da quel maestro di Richard Donner, aveva sin dal giorno della sua uscita: un ritmo discontinuo, una messa in scena non sempre all’altezza delle ambizioni e una certa mancanza di incisività. Tutte caratteristiche che, all’epoca della sua distribuzione in sala, impedirono alla pellicola di diventare un successo pieno.

Sia chiaro: non sto dicendo che I Goonies sia andato male al botteghino, ma non è andato così bene come oggi si potrebbe credere, piazzandosi “solamente” nono nella classifica dei maggiori incassi del 1985, dopo tutta una serie di pellicole dal minore appeal commerciale (ma dai migliori risultati, in ultima analisi). A dimostrazione del fatto che non tutto andò come si sperava, c’è il fatto che de I Goonies non si è mai concretizzato un sequel negli anni immediatamente successivi alla sua uscita e che, solo negli ultimi tempi, con la sua trasformazione in “cult degli anni ’80”, si è pensato di provare a mettere in cantiere un tardivo e nostalgico seguito (che, comunque, ancora non si è concretizzato).

In poche parole, I Goonies era un buon film in anni in cui la Amblin di Steven Spielberg realizzava film straordinari (tanto per il livello artistico quanto per il risultato al botteghino) e, a rivederlo oggi, togliendosi dal naso gli occhiali dei bei tempi andati, questa cosa si nota in maniera netta. Tanto è vero che è difficile isolarne una sequenza particolarmente distintiva in termini di regia perché ci sono molti buoni momenti, ma nessuno che sia così speciale o innovativo da meritarsi un’analisi dettagliata. Per gran parte del tempo, quel maestro di Donner si limita a fare il vice di Steven Spielberg o il sostituto di Zemeckis, mutuando dai due colleghi gran parte dei loro stilemi e confezionando (con grande mestiere e professionalità, va detto) un perfetto esempio di “rollercoaster movie”, per definire la pellicola con un termine desueto con cui la critica snob dell’epoca definiva un certo tipo di opere. Nonostante questo, c’è una certa magia nella storia dei Goonies, che non alberga nei molti momenti action un poco scontati, quanto in certe atmosfere che riesce ad evoca-re con particolare vividezza.

Prendiamo l’apertura del film, per esempio, tutta girata in una giornata di pioggia. Ecco, non credo di ricordare nessun altra pellicola così efficace nel far rivivere la sensazione di quelle mattinate uggiose passate in qualche luogo di vacanza, sul finire dell’estate. Il cielo grigio, l’umidità dell’aria, il rumore delle biciclette sull’asfalto bagnato, l’odore marcio delle foglie cadute, il calore delle case degli amici in cui ci andavamo a rifugiare e poi la noia, un elemento con cui ogni ragazzino è sempre costretto a combattere. Quella noia che ci spingeva a inventarci avventure strampalate, andando per boschi o trasformando una soffi tta sconosciuta in una grotta dei pirati. E, infine, quel senso immanente di una stagione prossima alla sua naturale e ineluttabile conclusione.

Ecco, in questo senso, I Goonies è un gioiello della narrativa, accostabile solamente a un vero capolavoro come lo Stand by Me di Rob Reiner. Un film da rivedere ma, soprattutto, un fi lm da riscoprire, non tanto come “cult degli anni ’80” ma come piccolo, importante, esponente della narrativa coming of age.

LA SCENA INIZIALE IN SEQUENZA

Sul numero di dicembre di Best Movie in edicola dal 29 novembre trovate una illustrazione esclusiva dedicata ai Goonies realizzata da Roberto Recchioni

Foto: © Warner Bros., Amblin Entertainment

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