Roberto Recchioni racconta l'intramontabile classico Eva contro Eva
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Eva contro Eva

Inauguriamo con il capolavoro di Joseph L. Mankiewicz una nuova rubrica, "Nessuno batte il classico", in cui vi sveliamo gli ingredienti grazie a cui un film si trasforma in un'opera che non teme la sfida del tempo

Eva contro Eva

Inauguriamo con il capolavoro di Joseph L. Mankiewicz una nuova rubrica, "Nessuno batte il classico", in cui vi sveliamo gli ingredienti grazie a cui un film si trasforma in un'opera che non teme la sfida del tempo

Eva contro Eva

“You can’t beat a classic” diceva Lee Christmas nel secondo capitolo de I mercenari, riferendosi a dei deliziosi tirapugni dorati. E aveva ragione. Perché un classico diventa tale non solo perché funziona nel suo tempo, ma perché continua a funzionare anche quando il suo tempo è ormai andato. Come i tirapugni, appunto. O come Eva contro Eva (All about Eve), pellicola del 1950, scritta e diretta dal quattro volte premio Oscar Joseph L. Mankiewicz, interpretata da Bette Davis e Anne Baxter.

Di cosa parla il film? È la storia di Margo Channing (una Bette Davis mai più così misurata e a fuoco), una grande diva all’apice della sua carriera, e di Eva Harrington (la sin troppo poco celebrata Anne Baxter), sua giovane ammiratrice e aspirante attrice anche lei. Attorno a loro, Karen Richards (Celeste Holm) amica fedele della Channing e moglie dello sceneggiatore Lloyd Richards (Hugh Marlowe), lo sceneggiatore e fidanzato di Margo, Bill Sampson (Gary Merrill), il produttore Max Fabian (Gregory Ratoff) e lo spietato critico Addison DeWitt (George Sanders, che per il ruolo sarà l’unico del gruppo attoriale a portarsi a casa una statuetta come miglior attore non protagonista).

Il film ha una scrittura stratificata su molteplici livelli, con vari registri narrativi che si intersecano e si contaminano. Di fondo, ci sono due temi classici per la grande drammaturgia americana e per Hollywood in particolare: il prezzo del successo e il viale del tramonto. Cosa siamo disposti a fare pur di arrivare dove ci siamo prefissati? Il talento è l’unica condizione necessaria per ottenere grandi risultati o bisogna scendere a compromessi per entrare nell’Olimpo? Come si affronta la vecchiaia e lo sfiorire della propria grandezza? Il senso della nostra esistenza è dato dai risultati che abbiamo ottenuto o dalla maniera in cui li abbiamo ottenuti? Quei risultati, incidono davvero sulla felicità o, forse, il senso della vita sta da qualche altra parte?

Poi, ovviamente, c’è il tema della donna, e delle donne in relazione ad altre donne, e delle donne in relazione agli uomini e alla società da loro creata. Ogni figura femminile della pellicola riesuma un archetipo classico per poi negarlo e sovvertirlo, continuando a sfidare lo spettatore nei suoi preconcetti. Margo Channing è tanto lunare quanto realista, tanto cinica quanto romantica, tanto schietta quanto compromessa. Eva Harrington, dal canto suo, è meschina, calcolatrice e tentatrice, ma non è forse il mondo degli uomini in cui è costretta a muoversi che la costringe a comportarsi così per riuscire a far emergere quello straordinario talento di cui è innegabilmente dotata? E la mite Karen, è davvero e solamente la moglie fedele, capace di sopportare i tradimenti del marito in nome del bene della famiglia o in lei brucia una fiamma di rivalsa pronta a divampare?

In originale la pellicola si intitola Tutto su Eva, ma non si riferisce solamente al personaggio omonimo della vicenda quanto alla donna in senso universale, che il film racconta attraverso ogni interpretazione, restituendoci un ritratto al femminile di enorme complessità e di assoluta attualità ancora oggi. Infine, c’è il livello di lettura metacinematografico dove l’autore parte dal teatro per evocare Hollywood (che nel film è raccontata come la massima corruttrice della vera arte), e usa i personaggi per rappresentare fisicamente ogni elemento essenziale della macchina dei sogni: lo star system, la produzione, la regia, la scrittura e la critica, lasciando allo spettatore il ruolo più ingrato, quello di quel pubblico che è motore immobile, causa e fine di ogni movimento drammatico.

Ora, a raccontarlo così, Eva contro Eva sembrerebbe un film piuttosto pesante, vero? Solo che non lo è per nulla. Perché Mankiewicz si rende ben conto che la materia è densa e di non leggera fruizione e decide quindi di affidarsi a una grammatica del thriller psicologico per raccontarla, veicolando il dramma attraverso una narrativa da hard boiled, senza violenza fisica ma con due straordinarie femme fatale e un “cattivo” geniale e spregevole (ovviamente: il critico). In conclusione, Eva contro Eva è un film meraviglioso e sempre attuale (trattando temi universali), con una piacevolmente sobria regia, impreziosito da dialoghi brillantissimi e reso eterno da interpretazioni fuori scala. Oggi come ieri, vale sempre la pena di vederlo o rivederlo.

3 motivi per definirlo un classico

  • Perché Eva contro Eva è un film del 1950 che detiene il record di candidature all’Oscar (14, di cui ne vinse sei). È stato eguagliato solamente in anni recenti da Titanic e La La Land.
  • Perché vanta le migliori interpretazioni in carriera di due mostri sacri come Bette Davis e Anne Baxter.
  • Per la qualità cristallina della sceneggiatura di Joseph L. Mankiewicz.

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