In apertura della quarantaduesima edizione del Torino Film Festival arriva subito la premiére di uno tra i più attesi titoli internazionali della prossima stagione: Eden, il nuovo film di Ron Howard, che ci ricorda il Direttore artistico Giulio Base è «praticamente una anteprima mondiale già che a Toronto Film Festival ci sono state solo proiezioni tecniche». E inizia così l’attesa conferenza stampa del regista di Apollo 13 e A Beautiful Mind, nonché indimenticabile Richie Cunningham nel telefilm cult degli anni ’70 e ’80 Happy Days. Ambientato nel 1929, Eden racconta la vera storia di un gruppo di coloni giunti sull’isola di Floreana, nell’arcipelago delle Galapagos, tra i quali due tedeschi in fuga da una Germania sempre più prossima all’incubo nazista, Il Dottor Friedrich Ritter e sua moglie Dora (interpretati da Jude Law e Vanessa Kirby). A loro si uniranno altri europei ansiosi di rinnegare i valori borghesi del vecchio continente (nel cast anche Sydney Sweeney, Ana de Armas e Daniel Brühl) per sperimentare una nuova filosofia di vita a contatto diretto con una natura selvaggia e incontaminata. Ma la totale mancanza di civilizzazione e la reale asprezza delle problematiche quotidiane, oltre alle differenti personalità e pretese dei diversi componenti di questa nuova piccola comunità, finiranno per condurre gli abitanti verso plot-twist inaspettati. E verso un crimine, o forse una sparizione. Un mistero che tinge di nero la trama e l’intreccio di Eden.
Se i colori del thriller incombono su questa storia, per Ron Howard tra gli elementi cruciali del film ci sono anche temi e molteplici spunti di riflessione sull’umanità, i quali non restano confinati agli anno ’20 o ’30 del ‘900 ma sono particolarmente importanti anche per la fase storica che stiamo attraversando. «Ho incontrato questa storia durante una vacanza alle Galapagos con la mia famiglia circa quindici anni fa e sono rimasto così affascinato dai personaggi coinvolti e quello che hanno vissuto che, con il passare del tempo, mi sono reso conto che continuavo a sognare di realizzare un film su questa storia, un film insolito, che Werner Herzog, o Terence Malick avrebbe potuto fare» inizia il cineasta americano. «La vera idea della sopravvivenza, la forza viene dall’idea di credere nella famiglia. Credo che sua questo che dimostra la nostra Storia come esseri umani e continuo a crederlo. In questo momento ci troviamo a vivere una trasformazione che ha molto a che vedere con la Tecnologia ed è come se la Rivoluzione Industriale e il Rinascimento si fondessero insieme e poi si moltiplicassero per cento. Se non ci stringiamo insieme gli uni con gli altri e non cerchiamo delle soluzioni che non siano facili, come pensare di trasferirci in un altro luogo e credere che così possiamo semplicemente trasformarci, se ci guardiamo e insieme collaboriamo per costruire un futuro, possiamo tornare a credere nei veri valori, quelli dell’amore e dell’amicizia».
«Ho studiato tutte le differenti versioni che sono state raccontate della vicenda. Con il tempo abbiamo finalmente abbiamo elaborato una sceneggiatura, ho trovato degli attori talmente affascinanti e ho capito che era arrivato il momento di realizzare questo film» prosegue Ron Howard. «Il tema è molto contemporaneo. Sul pianeta, al giorno d’oggi il senso di destabilizzazione, l’idea di fuggire dalla società e di poter credere così di ritrovarsi resta sempre attuale». Il regista si riferisce anche al fatto che per lo Eden ha scelto di lavorare su molte differenti fonti dirette e indirette, in particolare i due romanzi autobiografici Floreana di Margaret Wittmar (il personaggio interpretato nel film da Sydney Sweeney) e Satan Came to Eden di Dora Strauch (la moglie del Dottor Ritt, interpretata da Vanessa Kirby): «Entrambi i romanzi raccontano la stessa storia da diversi punti di vista, quello che hanno in comune è il risentimento e il disprezzo che provano. Il risultato, la fine è diversa nelle due versioni, in qualche modo si accusano reciprocamente, nessuno di loro crede alla versione ufficiale. Ma ci sono stati anche tanti articoli che ho recuperato dai settimanali e riviste dell’epoca e che potete trovare voi stessi su internet e c’è perfino un film [un cortometraggio muto di quattro minuti che porta il titolo di The Empress of Floreana N.d.R.] realizzato dal personaggio di Hancock direttamente sull’isola che io ho potuto visionare. Si è trattato di uno studio sui personaggi veramente interessante per me, e quello che è stato più interessante credo sia stato vedere l’evoluzione dei personaggi femminili mentre affrontano la sfida di vivere nelle Galapagos».
E quanto al cast stellare del suo Eden, Ron Howard non può che dirsi felicissimo delle scelte che ha operato e delle performance di tutti gli interpreti di questo film corale: «Sono stato molto fortunato, Giulio ne è testimone, dall’inizio gli agenti dei rispettivi attori hanno reagito molto bene alla sceneggiatura e volevano che accettassero questa sfida. Si trattava di una produzione indipendente quindi è stato davvero un gesto d’amore da parte loro. Ho avuto comunque la possibilità di scegliere tra tanti grandissimi attori e ho preferito quelli artisticamente più coraggiosi. Si trattava di una produzione fisicamente molto impegnativa, con un budget contenuto, una esperienza davvero challenging anche dal punto di vista emotivo e psicologico. Le vere storie di questi personaggi sono insolite, estreme in alcuni casi. Ma io ho messo insieme un cast incredibile e non posso che dirmi entusiasta dell’impegno e della professionalità che gli attori hanno portato nel film».
«Come vediamo in Eden all’epoca c’era anche una sorta di spirito americano, una sorta di intraprendenza che significa prendere il comando di sé stessi e pensare così di superare ogni ostacolo. Nel personaggio della Baronessa e in quello di Hancock si sente questo tipo di arroganza. Quell’isola rappresentava in realtà la Legge di Darwin, la Legge del più forte, quella che assicura la sopravvivenza solo a chi è più capace ad adattarsi al contesto. In realtà alla fine l’isola è stata davvero colonizzata e le persone che tutt’oggi vivono lì, che sono poche, hanno trovato il modo per sopravvivere e soprattutto collaborare con l’isola e con la natura. Il mistero che vedete nel film non è mai stato completamente risolto, e questo è stato l’ambito dove ci siamo dovuti arrendere alla realtà dei fatti. Ci siamo dotati di licenza creativa. Hans Zimmer mi ha raccontato che Nicolas Roeg aveva sentito questa storia e voleva farci un film. Tantissimo è stato scritto su questa vicenda, è diventata un classico, come una tragedia greca, come un grande romanzo della Letteratura Russa. C’è anche un bellissimo documentario del 2013, The Galapagos Affair: Satan Came to Eden. Ma questa è la mia versione, dove ho tratto differenti sensazioni da ciascuno dei diversi personaggi» conclude Ron Howard.
E quando in chiusura della conferenza stampa arriva la domanda su Donald Trump e il suo nuovo Vice Presidente degli Stati Uniti, JD Vance, il regista sceglie di rispondere in maniera chiara e diretta: «Le elezioni sono avvenute, io ho votato, ho partecipato e non è andata come io speravo. Ma sono un cittadino di un paese democratico e credo questo sia il momento di andare avanti e guardare al futuro. JD Vance quando ho iniziato a scrivere il film, l’adattamento cinematografico del suo memoir, Elegia americana, non era favorevole alla candidatura anzi era contrario alla persona che è stata poi eletta. Io ho raccontato la sua storia, non volevo promuovere la sua figura e resto a mio agio con questo».
Eden di Ron Howard sarà nei cinema italiani nel 2025 grazie a Rai Cinema e 01 Dustribution.
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Foto: Daniele Venturelli/Getty Images
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