«Mi ricordo la serie con Richard Greene alla tv. Ho anche visto il film con Errol Flynn quando ero proprio piccolo e anche quello con Douglas Fairbanks Jr. C’è stato anche un “mucchio selvaggio” di Robin Hood senza particolare successo commerciale che passavano al sabato mattina in tv in Australia». Ricordi d’infanzia del più aussie degli attori aussie, ovvero Russell Crowe. Di quell’età in cui tutti i maschietti giocano a Zorro, Sandokan, i Pirati, o a Robin Hood, tra l’altro il più veterocomunista degli eroi, con quella sua fissa di “rubare ai ricchi per dare ai poveri”.
Russell Crowe non è attore che si assoggetti a un progetto passivamente, come è risaputo per chi ha una certa simpatia per questo attore dalla reputazione notoriamente controversa fuori dal set, eppure molto amato dal pubblico. Solitamente ruota attorno a due sistemi solari, quello di Ron Howard e del suo amico sceneggiatore Akiva Goldsman (A Beautiful Mind, Cinderella Man) o quello altrettanto fulgido per lui di Ridley Scott. Con il regista in questione ha girato ben quattro film: l’ultrapremiato Gladiatore (Oscar come miglior attore), American Gangster, Nessuna verità, Un’ottima annata. Con Robin Hood (sugli schermi il 12 maggio) siamo a quota cinque (quasi una prassi ormai in quel di Hollywood, vedi Burton–Depp, DiCaprio–Scorsese, alchimie così forti da far impallidire i Brangelina al confronto).
La coppia gladiatoria torna sul luogo del delitto per dare nuovamente vita a un kolossal in costume che renda davvero giustizia al Principe dei ladri (talmente grandioso da essere stato scelto come film d’apertura del prossimo Festival di Cannes). Ma questa volta è stato Crowe a scegliere Ridley, e non il contrario.
Per leggere il resto dell’articolo su Robin Hood correte a comprare la rivista. Best Movie di maggio è già in edicola.
Russell Crowe nei panni di Robin Hood
© RIPRODUZIONE RISERVATA