Negli ultimi dieci anni, il genere horror ha subito una trasformazione significativa: da un approccio che ricorreva troppo ai cliché e agli elementi sovrannaturali, si è passati a una narrazione più raffinata, caratterizzata da un accumulo graduale di tensione, sostenuto da una scrittura e una regia solide. Film recenti come Longlegs, When Evil Lurks e Oddity hanno riacceso l’interesse del pubblico per gli horror psicologici, sapientemente bilanciati da colpi di scena e presenze inquietanti.
Tra questi, un titolo forse meno noto ma che raccoglie brillantemente questa lezione è Last Shift, film del 2014 diretto da Anthony DiBlasi. Questo progetto è un esempio di horror cult che, nonostante il budget modesto, è riuscito a distinguersi grazie alla sua proposta unica di dramma poliziesco e orrore sovrannaturale. Ambientato interamente in una stazione di polizia abbandonata, Last Shift offre un’esperienza claustrofobica e carica di suspense.
La trama segue l’agente Loren, una recluta chiamata a sorvegliare una stazione di polizia prima della sua chiusura definitiva. Il film utilizza l’ambientazione angusta per aumentare il senso di terrore, poiché Loren si trova presto immersa in eventi inspiegabili; la scelta di un unico set permette infatti di concentrarsi sulla protagonista e sulla sua reazione agli eventi sovrannaturali. La suspense cresce man mano che Loren scopre dettagli inquietanti, come il passato oscuro della stazione e le misteriose telefonate di una ragazza di nome Monica, che afferma di essere in pericolo.
Come Longlegs, Last Shift si addentra nel territorio dell’occulto, giocando con la psiche dello spettatore. Mentre il primo si concentra su un’atmosfera inquietante senza mostrare troppo, Last Shift si spinge oltre, evidenziando aspetti sovrannaturali che si intrecciano con il mistero di una setta pericolosa, responsabile di efferati omicidi, ma non solo: arrestati da suo padre un anno prima, tutti i membri del culto si sono suicidati nella stazione, lasciando dietro di sé un’energia maligna.
Last Shift mantiene costantemente il pubblico sulle spine, attraverso una serie di visioni e apparizioni spettrali, che confondono la sottile linea tra realtà e inganno. Il tutto culmina con finale criptico, dove Loren realizza troppo tardi di essere stata manipolata dalle forze oscure presenti nella stazione: un colpo di scena finale che sottolinea come il male non risieda solo nel sovrannaturale, ma anche nella corruzione dell’anima umana.
Nonostante non ci siano grandi nomi coinvolti in questa produzione, o effetti speciali particolarmente elaborati, Last Shift si afferma come un horror coinvolgente grazie alla sua capacità di instillare paura attraverso piccoli dettagli e un’atmosfera opprimente. Il film dimostra efficacemente che “less is more“, e che un setting sobrio, associato a un forte sviluppo psicologico, può riuscire a creare brillantemente un’esperienza di terrore memorabile.
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Fonte: CBR