Sean Penn è intervenuto oggi, 19 maggio, in conferenza stampa al Festival di Cannes per presentare Black Flies, il film che lo vede come interprete e che segna il suo ritorno sulla Croisette, di cui è affezionato habitué. L’attore si è dichiarato solidale con il WGA (Writers Guild of America), sindacato degli sceneggiatori i cui membri sono attualmente in sciopero per lottare per salari e condizioni di lavoro migliori nell’era dello streaming, che ne ha ridotto gli introiti economici e le royalties ai minimi termini.
«L’industria sta sconvolgendo scrittori, attori e registi da molto, molto tempo – ha detto Penn, presentando il suo film in Concorso -. Gli sceneggiatori hanno tutto il mio sostegno. Ci sono un sacco di nuove cose che sono state lanciate negli ultimi tempi, compreso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che reputo un’oscenità umana…». Penn ha anche criticato i produttori cinematografici e ha aggiunto che «la prima cosa che dovremmo fare in queste conversazioni è cambiare il nome della Guild dei produttori, auto-definendosi come dei banchieri».
Il film, adattamento del libro 911 di Shannon Burke, è ambientato in una New York livida e notturna in cui i neon delle ambulanze si sovrappongono costantemente ai volti e ai corpi dei protagonisti; è girato con stile frenetico e sovreccitato, per immergere e far sprofondare lo spettatore direttamente nell’inferno dei paramedici e ha per protagonisti il giovane Ollie Cross (Tye Sheridan), che fa squadra con Rutkovsky (Sean Penn), un medico di emergenza più anziano ed esperto (nel ruolo del loro capo, invece, figura a sorpresa l’ex pugile Mike Tyson). Al cospetto della violenza brutale che marchia a fuoco quotidianamente il loro lavoro, esposto a continui picchi di stress e tensione per salvare delle vite a un passo dalla morte, la situazione psicologica di entrambi, legati da un’amicizia con tante zone d’ombra, è pressoché devastata e la loro stabilità quotidiana ne risente tantissimo, andando in pezzi.
«Il film è stato un modo per capire la città e i suoi abitanti – ha detto il regista Jean-Stéphane Sauvaire, parigino trapiantato nella Grande Mela con un passato da collaboratore e assistente di Gaspar Noé – Una maniera per entrare nella vita delle persone e mescolare il divario tra documentario e finzione». Sauvaire, Sheridan e Penn hanno trascorso realmente del tempo sul retro delle ambulanze a New York prima di iniziare a girare, tanto che, a detta degli autori, quasi tutte le situazioni devastanti che ci sono nel film, dalle sanguinose ferite da arma da fuoco alla violenza domestica, fino alle gravidanze pericolose, sono tratte direttamente da esperienze di vita reale. Dopo aver trascorso così tanto tempo sul campo, Penn si ritiene ulteriormente scoraggiato dal sistema sanitario americano.
«Le persone svolgono i lavori in prima linea in gran parte con il desiderio di servire – ha aggiunto -. E poi quello che scoprono è che sono assediati, ma le politiche a breve termine sono lì per sostenere un racket. Questo film, spero, arricchirà la conversazione sul tema. Speriamo tutti che ciò accada perché i paramedici sono trattati come dei salvatori dalla forza primitiva e completamente lasciati a loro stessi». Sauvaire ha scherzato anche sul fatto che i suoi attori fossero così immersi nella preparazione da essere in grado di agire, muoversi e comportarsi in un certo senso come veri medici, all’apice del realismo: «Ora se avete un problema non dovete chiamare il 911. Potete chiamare Sean e Tye».
Foto di copertina: Getty (Stephane Cardinale – Corbis/Corbis via Getty Images)
Leggi anche: Sean Penn ha regalato a Zelensky il suo premio Oscar: «Riportamelo quando vincerai» [VIDEO]
© RIPRODUZIONE RISERVATA