Finora nella sua carriera c’erano stati solo cortometraggi. «Ognuno mi ha insegnato una tecnica diversa. Storie dell’orrore, sentimentali o divertenti, realtà visivamente diverse che, credo, mi hanno permesso di conoscere me stesso».
Ora Sergi Vizcaino è pronto per un triplice salto di qualità. Paranormal Xperience 3D è il suo primo lungometraggio e, a dispetto del titolo che richiama il filone dei mockumentary che “indagano” il paranormale, è un film dell’orrore riconducibile a quell’horror spagnolo che negli ultimi anni è diventato un punto di riferimento internazionale per gli appassionati del genere. Di più, è la sua prima pellicola in 3D e uno dei primi rari esempi di horror paranormale girato con questa tecnica. «Quando a un regista viene proposto di girare in 3D ci sono due tipi di reazioni possibili: una di rifiuto e paura, l’altra di grande motivazione. Nel mio caso la seconda ha prevalso. Come si può rifiutare l’occasione di essere uno dei pionieri di questo nuovo linguaggio cinematografico?».
Best Movie: Come è nato questo progetto? È stata una sua idea?
Sergi Vizcaino: «Era un mio sogno, da sempre. Durante un festival in cui un mio corto aveva vinto il primo premio conobbi la produttrice di The Orphanage (Mar Targarona, ndr). Le spiegai la mia idea, che a lei piacque subito, e insieme costruimmo la storia di Paranormal Xperience 3D. Da lì partì tutto…».
BM: Perché proprio il genere horror?
SV: «Perché è quello che preferisco e dove mi muovo con maggior facilità. E poi ti permette di giocare con la fantasia. Mi piace pensare al cinema come uno strumento che consente di raggiungere “luoghi” che non esistono nella vita reale e per un’ora e mezza fa vivere lo spettatore come in un sogno. O incubo, a seconda della prospettiva». (ride)
BM: E, per di più, va a indagare il lato oscuro degli uomini…
SV: «Sì, io sono convinto che ognuno di noi abbia un lato oscuro, anche se non in tutti si manifesta. Il film parla anche di questo, di come questa parte di noi, che spesso non sappiamo di avere o non riusciamo a controllare, in determinate circostanze emerga in maniera molto forte».
BM: Attraverso il film è riuscito a scoprire qualcosa sul suo lato oscuro?
SV: «A dire il vero no, però so che c’è…».
BM: Usa il genere horror per raccontare certi tabù e mostrare ciò che in genere viene censurato? Mi riferisco a una scena molto violenta del film, che ha per protagonisti un padre e una figlia…
SV: «Sì, credo che quella sia la scena più disturbante, proprio perché è la meno fantastica e racconta un episodio che purtroppo può accadere nella vita reale. Ci sono scene anche più sanguinose, ma la finzione è più evidente e l’effetto paura risulta meno efficace».
BM: Crede nei fenomeni paranormali?
SV: «Più che credere, voglio credere. Finora non ho avuto esperienze sufficientemente forti di questi fenomeni. Ma sono sempre in ricerca…».
BM: Negli ultimi anni le pellicole horror spagnole hanno avuto un gran successo. Non è stato un rischio fare un altro film di questo genere, e soprattutto girarlo in 3D? O ha rappresentato una sfida?
SV: «Tutte le opere prime sono sempre una sfida, e per questo sono molto stimolanti. Però devo ammettere che il 3D è stato un bel rischio, perché nessuno nella mia troupe – eccetto un tecnico – né tanto meno io avevamo mai lavorato con questa tecnologia. Perciò ci siamo preparati molto prima di iniziare a girare. E, tutto sommato, devo ammettere che non abbiamo avuto molti problemi, anche perché la maggior parte erano già stati risolti o discussi in fase di pre-produzione».
BM: Si è lasciato ispirare da qualche altro autore o da qualche film in particolare?
SV: «Non direttamente, però ci sono film come Nightmare che ti segnano fin da piccolo e che in qualche modo ritornano nella tua vita, specie quando fai il regista e stai girando un film»
BM: Perché questa pellicola è diversa dagli altri film horror? Qual è la sua caratteristica principale?
SV: «Credo che l’aspetto più interessante sia il fatto che non si tratta semplicemente di un film su un gruppo di ragazzi che muoiono uno ad uno senza una ragione, ma c’è una sottotrama importante che in realtà tiene in piedi tutto il film: quella che coinvolge le due sorelle protagoniste».
BM: Per essere un film horror, è molto luminoso? È stata una necessità o una scelta?
SV: «Una necessità, perché il 3D rende tutto più scuro e non crea volume. Però il risultato ci è piaciuto fin da subito».
BM: Il 3D può essere il futuro del genere horror?
SV: «Sì, ma solo se si riesce a utilizzarlo al meglio. Altrimenti non funziona… E questo chiaramente ha dei costi. Soprattutto, è fondamentale capire se (ri)paga, sia in termini qualitativi sia economici. E questo bisognerebbe chiederlo ad altre persone, io non so dare una risposta».
BM: Per chi è Paranormal Xperience 3D?
SV: «Per un pubblico giovane, dai 15 ai 25 anni. Però credo che anche gli adulti possano apprezzare la storia delle due sorelle e lasciarsi incuriosire. Anche perché è un film che lascia molto spazio all’interpretazione personale».
BM: Sta già pensando a un sequel?
SV: «No, al momento sto pensando a storie completamente nuove. Però chi lo sa…».
(Foto: Getty Images)
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